Nel
1907 Ruyard Kipling è insignito del premio Nobel per Il libro della giungla. Oggi ricordiamo l’anniversario della
nascita dello scrittore britannico (30
dicembre 1865), augurando «buona caccia a tutti coloro che rispettano la legge
della giungla» e anche ai nostri lettori!
«Questi benedetti libri sono il mio vizio, e conoscendo che mi scomoda, non ostante non so disfarmene, perché qui la passione domina». Giuseppe Pelli, 10 gennaio 1764. Libido Legendi è l'angolo dei lettori di LIBRidO - Laboratorio di Studi e Servizi Culturali, uno spazio dedicato a tutti coloro che condividono con noi il piacere della lettura e l'amore per i libri.
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lunedì 30 dicembre 2013
mercoledì 25 dicembre 2013
Buone feste da LIBRidO!
Cari Soci, Care Socie, Cari Amici,
Care Amiche,
il 2013 è stato per noi un anno di prova, un anno che ci ha temprati.
Abbiamo realizzato diverse attività con molta soddisfazione, dimostrando il
nostro impegno e il nostro amore per la cultura. Non ci siamo mai fermati: il
blog-rivista LIBIDO LEGENDI (tantissime sono le recensioni che mensilmente
riceviamo in redazione), le presentazioni e gli eventi in occasione de Il
maggio dei libri ne sono la prova, ma anche le iniziative partite a gennaio
scorso come Salviamo l’odiato dizionario di latino! e il Servizio di
ricerca bibliografica online, che abbiamo deciso di rinnovare anche per il
2014.
La raccolta dei libri per la campagna Dona un libro per liberare la
cultura continua, nonostante le difficoltà nel trovare un luogo dove
realizzare la biblioteca di quartiere e l’attesa, piuttosto lunga, di risposte
concrete dalle istituzioni. Per l’anno nuovo abbiamo già in cantiere alcune
preziose collaborazioni con altre realtà associative che operano nel mondo
della cultura, come la Biblioteca Francescana di Palermo e il Museo
Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino. Stiamo anche lavorando
ad una nuova veste grafica per il sito web e arricchendo di ulteriori articoli
e videointerviste la nostra pagina Facebook e il nostro blog.
Per l’anno prossimo ci auguriamo un 2014 pieno di attività e di
iniziative che possano dare vigore al risveglio culturale della nostra regione
e della nostra generazione. Saremmo lieti se la nostra sfida fosse incoraggiata
e supportata, come è successo fino ad oggi, da Voi, con la vostra
collaborazione e amicizia. Saremmo felici inoltre di rendervi partecipi di ogni
nostra attività. Cogliamo l’occasione per augurarvi buon Natale e felice anno
nuovo, nella speranza che queste festività portino a tutti serenità, e che il
2014 si riveli migliore dell’anno che sta per concludersi.
Lasciate che i bambini vivano un sogno ad occhi aperti. Luci,
colori, angeli e frutta colorata da appendere all’albero di Natale. Per una
notte o forse qualcuna in più si potrà costruire un mondo più luminoso,
immaginare cose belle, tuffarsi in atmosfere mozzafiato. Queste sono le piccole
cose grandi che, porteremo nel cuore da adulti, per essere un po’ più
sorridenti, un po’ più felici. Stephen Littleword, Aforismi
Palermo 24/12/2013
Il Presidente
Vincenzo
Bagnera
martedì 24 dicembre 2013
A Christmas Carol illustrated by Arthur Rackham
Charles Dickens, A Christmas Carol, illustrated by Arthur Rackham, London-Philadelphia, Heinemann-Lippincott, 1915, X,
147 pp.
Buon Natale!
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lunedì 23 dicembre 2013
A Christmas Carol illustrated by Arthur Rackham - XII
Charles Dickens, A Christmas
Carol, illustrated by Arthur Rackham,
London-Philadelphia, Heinemann-Lippincott, 1915, X, 147 pp.
"Now, I'll tell you what, my friend," said Scrooge. "I am not going to stand this sort of thing any longer." |
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domenica 22 dicembre 2013
A Christmas Carol illustrated by Arthur Rackham - XI
Charles Dickens, A Christmas
Carol, illustrated by Arthur Rackham,
London-Philadelphia, Heinemann-Lippincott, 1915, X, 147 pp.
"It's I, your uncle Scrooge. I have come to dinner. Will you let me
in, Fred?"
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sabato 21 dicembre 2013
A Christmas Carol illustrated by Arthur Rackham - X
Charles Dickens, A Christmas
Carol, illustrated by Arthur Rackham,
London-Philadelphia, Heinemann-Lippincott, 1915, X, 147 pp.
"What do you call this?" said Joe. "Bed-curtains." |
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venerdì 20 dicembre 2013
A Christmas Carol illustrated by Arthur Rackham - IX
Charles Dickens, A Christmas
Carol, illustrated by Arthur Rackham,
London-Philadelphia, Heinemann-Lippincott, 1915, X, 147 pp.
"How are you?" said one. "How are you?" returned the
other. "Well!" said the first. "Old Scratch has got his own at
last, hey?"
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giovedì 19 dicembre 2013
A Christmas Carol illustrated by Arthur Rackham - VIII
Charles Dickens, A Christmas
Carol, illustrated by Arthur Rackham,
London-Philadelphia, Heinemann-Lippincott, 1915, X, 147 pp.
The way he went after that plump sister in the lace tucker! |
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mercoledì 18 dicembre 2013
A Christmas Carol illustrated by Arthur Rackham - VII
Charles Dickens, A Christmas
Carol, illustrated by Arthur Rackham,
London-Philadelphia, Heinemann-Lippincott, 1915, X, 147 pp.
Laden with Christmas toys and presents |
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martedì 17 dicembre 2013
A Christmas Carol illustrated by Arthur Rackham - VI
Charles Dickens, A Christmas
Carol, illustrated by Arthur Rackham,
London-Philadelphia, Heinemann-Lippincott, 1915, X, 147 pp.
A flushed and boisterous group |
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lunedì 16 dicembre 2013
A Christmas Carol illustrated by Arthur Rackham - V
Charles Dickens, A Christmas Carol, illustrated by Arthur Rackham, London-Philadelphia, Heinemann-Lippincott, 1915, X,
147 pp.
Then old Fezziwig stood out to dance with Mrs. Fezziwig |
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domenica 15 dicembre 2013
A Christmas Carol illustrated by Arthur Rackham - IV
Charles Dickens, A Christmas
Carol, illustrated by Arthur Rackham,
London-Philadelphia, Heinemann-Lippincott, 1915, X, 147 pp.
The air was filled with phantoms, wandering hither and thither in restless haste and moaning as they went |
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sabato 14 dicembre 2013
A Christmas Carol illustrated by Arthur Rackham - III
Charles Dickens, A Christmas Carol, illustrated by Arthur Rackham, London-Philadelphia, Heinemann-Lippincott, 1915, X,
147 pp.
Nobody under the bed; nobody in the closet; nobody in his dressing-gown,
which was hanging up in a suspicious attitude against the wall
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venerdì 13 dicembre 2013
A Christmas Carol illustrated by Arthur Rackham - II
Charles Dickens, A Christmas Carol, illustrated by Arthur Rackham, London-Philadelphia, Heinemann-Lippincott, 1915, X,
147 pp.
Bob Cratchit went down a slide on Cornhill, at the end of a lane of
boys, twenty times, in honour of its being Christmas Eve
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giovedì 12 dicembre 2013
A Christmas Carol illustrated by Arthur Rackham - I
Charles Dickens, A Christmas Carol, illustrated by Arthur Rackham, London-Philadelphia, Heinemann-Lippincott, 1915, X,
147 pp.
"How now?" said Scrooge, caustic and cold as ever. "What
do you want with me?"
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mercoledì 11 dicembre 2013
Illustri Illustratori: Arthur Rackham (a cura di Agostina Passantino)
Il
Natale è ormai alle porte, e fa a gara con il freddo, che credo abbia avuto la
meglio per questo inverno.
Come
ogni Natale che si rispetti ritornano le luci, gli alberi, i jingle e i racconti ad esso dedicati, che
accantoniamo durante il resto dell’anno, ma che giunti a dicembre rispolveriamo
e sentiamo molto vicini. Un racconto che merita di essere tirato fuori dal
baule per il periodo da natalizio è A
Christmas Carol, di Charles Dickens.
Dickens
dovette proprio sbrigarsi molto a scrivere questa fiaba edificante, se fu
pronta in soli due mesi, bella ed impacchettata per il Natale del 1843.
Quello
che si vuole ricordare in queste righe non sono, però, i temi affrontati dal
libro, non la vita dei ceti sociali londinesi, quelli economicamente più
svantaggiati - tutti temi ricorrenti in Dickens - non l’avaro e tanto caro Ebenezer Scrooge, bensì i disegni che
l’innegabile fascino letterario di A
Christmas Carol ispirò ai pennelli e alle matite di famosi illustratori,
come Carl Barks (27 marzo 1901 – 25 agosto 2000), che, partendo dalla figura
del gretto protagonista, diede vita all’immortale personaggio di Uncle Sgrooge – Paperon de’ Paperoni – apparso
per la prima volta nella storia Christmas
on Bear Mountain, pubblicata sul n. 178 di Four Color e più volte edita in Italia (Il Natale di Paperino sul Monte Orso su Topolino giornale N.677 del
1948, Paperino sul Monte Orso su
Topolino N.2716 del 2007) e la cui fama continua ormai al di là del legame che
aveva avuto con il dickensiano personaggio.
Carl Barks, Christmas Composition, 1972 |
Arthur Rackham, Autoritratto, 1934 |
L’illustratore
illustre di cui ci occuperemo è Arthur Rackham.
Rackham
è stato un noto illustratore inglese del periodo vittoriano (19 settembre 1867
– 6 settembre 1939). Arthur già da bambino aveva mostrato una spiccata
predilezione per il disegno e soprattutto l'acquerello, e trascorreva il tempo
libero riproducendo gli esemplari esposti al British Museum e al Museo di
storia naturale di Londra, dove passava molto tempo.
Pubblica
il suo primo libro illustrato nel 1893 e rimane in attività fino alla sua
morte, riuscendo a mantenere costante la sua indiscussa popolarità. I suoi
lavori non si limitano solo ai libri di fiabe, ma anche ad opere per adulti.
Rackham
illustra il libro di Dickens nel 1915, dopo
essersi già dedicato alle illustrazioni di Alice
in Wonderland e di Peter Pan in
Kensington Gardens, dove ha già avuto modo di introdurre i suoi elementi
ricorrenti, forse riconducibili ai modelli naturalistici che aveva avuto da
ragazzo: il sottobosco, il piccolo mondo,
le fate e gli animali fitomorfi.
Arthur Rackham, Rhein maidens warn Siegfried, 1912 |
Lo
stile che adotta per il libro è una specie di new age liberty, un’alternativa al rigido formalismo tipico dei
suoi tempi, che scardina dall’onirica dimensione utilizzata per Alice, ma che allo stesso tempo realizza
dei disegni nervosi ma eleganti, tale da fornire una equa combinazione tra
angoscia e dimensione del sogno, che sfiora a tratti il macabro e fa
intravedere negli occhi delle sue creazioni una sensazione stralunata e impaurita
per le irrealtà cui è portato ad assistere (si vedano a tal proposito le
illustrazioni dei tre Spiriti). Tutte le sue illustrazioni rimangono sul filo
dello stile floreale senza mai uniformarvisi del
tutto.
Arthur Rackham, Brünnhilde is visited by her Valkyrie sister Waltraute, 1912 |
La
sfera è quella delle fiabe.
Certamente fu
influenzato da Albrecht Dürer, e da John Tenniel; influenzò numerosi
illustratori contemporanei e successivi e lo studio Disney, per la
realizzazione del suo primo lungometraggio, Biancaneve.
Per capire meglio
occorre dare uno sguardo alle illustrazioni contenute all’interno di A
Christmas Carol. Buona visione e che «Dio ci protegga tutti e ci benedica», per
dirla come Tiny Tim!
giovedì 5 dicembre 2013
Caro sindaco, parliamo di biblioteche
Antonella Agnoli, Caro sindaco, parliamo di biblioteche,
Milano, Editrice Bibliografica, 2011, 137 pp., (Conoscere la biblioteca, 5),
ISBN 978-88-7075-709-5.
Caro Sindaco,
«Le nostre città hanno bisogno urgente di biblioteche di nuova
concezione, dove i cittadini si possano incontrare stabilendo relazioni sia
intellettuali sia affettive. Ripensare gli spazi urbani, sottrarli alla
commercializzazione, farne luoghi di incontro, di scambio, di azione
collettiva. La biblioteca pubblica, a lungo ignorata dalla politica e oggi
minacciata da internet nel suo ruolo informativo, può diventare un territorio
aperto a gruppi e associazioni, un centro di riflessione e di condivisione dei
saperi, il nodo centrale di una rete con altre istituzioni culturali. In un
Paese sempre più ignorante, che rischia di restare ai margini dell’economia
della conoscenza, la biblioteca pubblica deve diventare parte di un progetto di
rinascita dell’Italia, un luogo di libertà e di creatività per ogni cittadino».
Antonella Agnoli scrive questo libro con l'intento e la speranza di
spiegare a Lei, alla Sua giunta e alla Sua amministrazione, ma soprattutto a
Lei - uomo politico che ha nelle mani una parte di responsabilità per i servizi
offerti ai cittadini e quindi della qualità di vita dei suoi concittadini -
l'importanza, l'utilità e la necessità di una biblioteca pubblica all'interno
della società contemporanea e all'interno della Sua comunità, che l'ha scelta
come guida e come garante dei suoi diritti (sia essa una grande città, un paese
di provincia o un villaggio tra le montagne).
Nel libro della Agnoli - bibliotecaria da più di 30 anni ed esperta in
biblioteche - sono menzionate ragioni ideali e ragioni pratiche per istituire
una biblioteca o per rinnovare e potenziare i servizi di quella già esistente,
e un po' dimenticata, perché lasciata a qualche impiegato senza voglia e senza
interesse.
Tolleranza, pluralità, democrazia, volontariato, altruismo sono alcune di
quelle ragioni ideali, belle, sognanti, platoniche, forse utopiche, ma che hanno
la loro ragion d'essere in un mondo troppo distratto dai valori del capitale,
della finanza, dello spread, poiché
garantiscono ancora una speranza a chi non è stato ancora corroso dal cinismo
estremo dell'effimero e del consumo.
Nella seconda parte del libro, Mattoni,
scaffali, e-book [pp. 79-125], invece, sono spiegate le ragioni pratiche
per avere una biblioteca. Nonostante le ragioni del portafoglio e della
logistica - quelle sulle quali i politici, gli amministratori, i dirigenti
avanzano tutti i «ma» e i «purtroppo» - la biblioteca (la biblioteca
funzionante, si intende) è un serbatoio di servizi per i giovani (orientamento
al mondo del lavoro e all'istruzione), di sicurezza per i genitori e per gli
educatori, assistenza agli anziani per la burocrazia generale e l'internet.
L'autrice incorpora anche molte idee per come fare, per cosa fare, con
quali mezzi realizzare una biblioteca funzionale per tutti. Molti modi, idee e
soluzioni per ridurre i costi e potenziare le risorse a costo zero. Non sono solo
idee, ma esempi concreti realizzati in alcune biblioteche della penisola per il
fund raising (locuzione inglese per
dire "raccolta fondi", che fa molto più presa nel politichese e nelle
campagne elettorali) e altre attività per coinvolgere i cittadini, i giovani e
le associazioni nella vita della biblioteca comunale.
Magari, Lei, caro Sindaco, potrebbe dare un'occhiata, insieme
all'Assessore alla Cultura e all'Assessore alle Politiche giovanili e alle
politiche sociali, a questi link che riportano ai siti web di alcune realtà
funzionali e funzionali di biblioteche:
eFFeMMe23 Biblioteca LaFornace, Comune di Maiolati Spontini (un paese di poco più di 6 mila abitanti).
Caro Sindaco, legga questo libro, sono poche pagine. Lo faccia leggere
anche alla Sua giunta e ai Consiglieri che sostengono la Sua maggioranza. Tenga
presente anche che «le biblioteche sono una irrinunciabile 'infrastruttura
democratica' e questo è il motivo per cui sono necessarie. Il problema non è se
i cittadini ci vadano o no: è che devono avere la possibilità di andarci. Non
c'è teoria moderna della democrazia che ammetta un cittadino disinformato e
ignorante. Una biblioteca arricchisce il tessuto democratico rendendo possibile
a ognuno di informarsi, e di formarsi, in un confronto con gli altri» [p. 128].
Signor Sindaco faccia leggere questo libro anche a Sua figlia, a qualche
insegnante e qualche giovane di buona volontà. Poi ascolti questi ultimi.
Piero Canale
Alessia in Cosplayland
Storia di Alessia
Ci sono storie normalmente normali e altre straordinariamente normali.
Come la storia di Alessia, una ragazza vivace e talentuosa, appassionata di anime e manga, che diventa scrittrice di romanzi fantasy. Ma questa sarebbe una bella storia normalmente normale. A
diciotto anni, infatti, le viene diagnosticata l’Atassia di Friedriech che spiega infine la spossatezza, i dolori,
la perdita di equilibrio. È un periodo orribile. La malattia, rara e
degenerativa, avrebbe normalmente spento l’animo di chiunque, ma non di
Alessia. Lei scopre che se Maometto non può andare alla montagna, le si può
connettere via web. Dalla sua stanza via modem trova amiche dagli interessi
comuni con cui confrontarsi, che la spingono infine a visitare insieme una convention di comics. E qui le si
disvela l’universo del Cosplay,
ossia dell’arte d’impersonare un personaggio di film o manga, creandosi un costume fedele ma soprattutto incarnandone lo
spirito e le mosse. Alessia decide di provare, e scopre il piacere di esser
guardata dalla gente non più per la sua disabilità, ma per la sua capacità
d’immedesimazione. Così la sua storia diviene straordinariamente normale:
incurante delle pastoie dell’Atassia, come qualsiasi ragazza segue e persegue
la sua passione. Con l’aiuto della nonna Betty, suo angelo custode, inizia a
progettare, assemblare, cucire, ricamare e forgiare cinture, corone, armi e tuniche,
divenendo una delle più note cosplayer d’Italia dal nome d’arte di Ryuki. Uscita
dal guscio, Alessia è inarrestabile: da partecipante diviene organizzatrice di
eventi, performer e infine autrice di saghe fantasy. Nel blog dedicato ai suoi
cosplay (http://www.ryukicosplay.com)
spiega: «Ciò che sono si può riassumere in un'unica parola... sognatrice!
Fin da bambina ho usato la mia mente, la mia fantasia, per inventare storie e
mondi immaginari in cui potermi perdere, in cui poter dimenticare i brutti
momenti che spesso ho passato... Crescendo ho trasformato quei giochi di
bambina in storie scritte, racconti, popolati di personaggi che erano ciò che
avrei voluto essere io». Non bisogna credere che la natura sognante implichi il
distacco dalla realtà, dovendo lei sempre far comunque i conti con la malattia.
Alessia decide dunque di scrivere la sua storia in una biografia che
significativamente intitola Alessia in Cosplayland, perché similmente
all’Alice di Carroll, vive una
meravigliosa avventura, stavolta nella Terra del Cosplay. Questo racconto aveva
sottesa la vocazione al fumetto, ed ecco il motivo di questa doppia recensione,
che vuole raccontare le due facce della stessa storia da due diversi punti di
vista. Si sottolinea che il ricavato delle vendite dei due volumi è devoluto alla
ricerca sull’Atassia di Friedrich.
Alessia Mainardi, Alessia in
Cosplayland, Fidenza, Mattioli 1885, 2011, 108 pp., ISBN 978-88-6261-206-7.
Alessia racconta la sua storia in prima persona con uno stile semplice,
sincero, corredandola di un repertorio fotografico per far apprezzare la
qualità finale raggiunta dal Cosplay di Ryuki (sé stessa). Vediamo sfilare così
Jack Sparrow, la Sposa Cadavere, Maria Antonietta, Lady Oscar, Magneto,
Legolas, Satine, Elizabeth Swann, la Regina Bianca, Elizabeth I, e altri
ancora. Hanno tutti gli occhi di Alessia, ma sono altro. Leggendo si comprende
come l’immedesimazione sia totale, e di come questo ‘altro’ fosse divenuto per
lei sempre più importante, perché la astraeva dalla sua condizione esistenziale.
Il pericolo era, però, quello di giungere alla autoreclusione in un universo
parallelo di spade e parrucche. E infine le si aprirono gli occhi: «Nel momento
in cui mi sono accorta che il Cosplay cominciava a prendere il sopravvento
sulla mia vita e su chi sono realmente, ho deciso che avrei trovato il modo di
essere io a sfruttare il Cosplay per fare qualcosa di davvero utile» (p. 89).
La stesura di questo libro è dunque la catarsi da una situazione difficile, da
una vita divenuta recitata e autoreferenziale. Alessia mette nero su bianco
senza ritrosia certezze e paure, ma le inserisce in un apparato grafico che
rende il libro quasi un fumetto, cosparso da mini dolls ammiccanti ispirate ai suoi Cosplay. Ci si stupisce di non
dover leggere il libro manga style, cioè dall’ultima alla prima pagina, ma
ancora di più del grande messaggio di base a tutto questo: «Rimanere aggrappata
al ‘Paese delle Meraviglie’ senza portare al di fuori quello che mi aveva
regalato era esattamente come ripiombare nella stagnante immobilità dei miei
anni bui. Ora finalmente Alessia è soltanto Alessia e ha una gran voglia di
andare avanti realizzando uno dopo l’altro tutti i suoi sogni con la volontà
che ha capito di possedere, che è ciò che rende chiunque in grado di realizzare
l’impossibile» (p. 97). Alessia Mainardi vive e lavora a Parma e per questa
autobiografia ha già vinto il Premio Musa e il Premio Toyp; è anche autrice
delle due trilogie fantasy Argetlam
(Emmeci) e Avelion (Mattioli 1885 Editore).
Ivan Bella, Simone Brusca, Alessia Mainardi, Alessia in
Cosplayland. Lo specchio della realtà, Piacenza, Grafiche Lama, 2013, 96 pp.,
ISBN 978-88-96037-40-9.
Se la biografia è la storia che Alessia doveva tirar fuori e da cui –
sotto certi aspetti - prenderne le distanze, il fumetto - o, come si dice oggi
la graphic novel - è stato il
feedback che le è tornato indietro. Perché in fondo la sceneggiatura di Simone
Brusca e i disegni di Ivan Bella hanno fatto questo: dare la loro versione dall’esterno.
Hanno trasformato il lungo monologo dell’autobiografia di Alessia in un
racconto perlopiù in primo piano, che si allarga in panoramiche significative, ma
che sempre ha lei in fuoco. Il taglio cinematografico è chiaramente presente
per tutta la storia: le vignette sono spesso zoomate, le sequenze hanno un
‘montaggio’ talvolta serrato e talvolta rilassato, ad assecondare gli stati
d’animo di Alessia. Come felice espediente narrativo compare il vero macroingrandimento
delle cellule degenerate dalla malattia per scandire l’aggravarsi costante
delle sue condizioni. Non traggano in inganno le scene oniriche e i costumi dei
cosplayers: se la novel fosse una pellicola sarebbe comunque
un film neorealista, con il suo bianco e nero severo, che non risparmia gli
episodi meno felici perché vuole essere obiettivo e non consolatorio. Non serve.
Alessia, con la sua tempra, non necessita e non gradisce compatimenti,
ripetendo il suo motto: “La volontà ci
rende in grado di realizzare anche l’impossibile” (p. 93). Simone Brusca,
già sceneggiatore dell’opera Psicometrica:
memorie da un futuro remoto (Verbavolant), vive e lavora a Palermo, da dove
gestisce anche il suo blog www. filidifumetto.blogspot.it. Ivan Bella, dopo il
corso di comix alla Scuola del fumetto di Roma, è qui alla sua prima graphic
novel.
Eloisia Tiziana Sparacino
Ventimila leghe sotto i mari
Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari, Milano,
BUR, 2004, 438 pp., ISBN 978-88-17-00-244-8.
Una bandiera nera con una "N" dorata al centro. Questo è il
vessillo del Capitano Nemo che sventola al Polo Sud.
«Mobilis in mobile» è il suo motto.
Il Capitano Nemo - misteriosissimo e imperscrutabile principe indiano, un
po' pirata, un po' filosofo e un po' scienziato - è la figura centrale,
preponderante e apparentemente contraddittoria di Ventimila leghe sotto i mari, romanzo, forse, tra i più popolari di
Giulio Verne. Eppure del personaggio si sa poco, come poche sono le sue parole,
pochissime; le sue emozioni quasi pari a zero; le sue azioni secche e risolute
al massimo grado; la sua conoscenza profonda e superiore del mondo e della
natura. Il prof. Aronnax, stimato e acclamato naturalista, tuttavia, ne resta
profondamente ammaliato e affascinato. Una sorta di sindrome di Stoccolma, che
investe in pieno il naturalista - costretto a uno status di prigioniero,
insieme a Ned Land e a Consiglio - e che si basa sulla meraviglia del conoscere
e della scienza.
Abituati alle fantasiose e sempre artificiose tecniche dell'effetto
speciale cinematografico fine a se stesso, è difficile - per certi versi -
comprendere e accogliere la natura avventurosa e fantascientifica di questo
capolavoro della seconda metà dell'Ottocento, che ebbe un notevole successo e
che fa parte di una trilogia che inizia con I
figli del capitano Grant e si conclude con L'isola misteriosa.
Uscito nel 1870 per i tipi di Hetzel, il romanzo è ambientato nel 1867
(alla vigilia dell'apertura del canale di Suez), negli anni in cui le potenze
europee hanno raggiunto l'acme nella corsa alle colonie. L'opera di Giulio
Verne appare come una fotografia attenta del mondo europeo ottocentesco e nello
stesso tempo punto di svolta e cambiamento. Infatti, pur non essendo un romanzo
per certi versi "enciclopedico" e didascalico, in esso convivono due
nature che sono entrambe facce della stessa medaglia della conoscenza. Il
Positivismo imperante, classificatorio e tassonomico del prof. Aronnax e del
suo aiutante Consiglio, fa da contraltare alla conoscenza e alla padronanza
della tecnica raggiunto dal Capitano Nemo, le quali si esprimono principalmente
nella progettazione del Nautilis e nelle sue sofisticatissime apparecchiature. Il
grado della tecnica raggiunto dal Capitano e il suo uso, che sembrano andare
verso una concezione umanitaria e non economica del progresso, sono tuttavia connotate,
in maniera paradossale, dal distacco e dall'esilio volontario del capitano dal
mondo e dagli esseri umani. Dichiarando di non voler più mettere piede sulla
terra ferma e di non volerne più essere dipendente per quanto riguarda le
materie prime e le risorse energetiche - così come dal lavoro degli uomini -,
il Capitano Nemo esclude, di fatto, il mondo dalla sua conoscenza e dalle
meraviglie che si possono ammirare soltanto esplorando gli abissi.
Non è un caso però che dietro questo distacco misantropico (tanto da far
apparire il Nautilus come un monastero sottomarino, dove albergano il silenzio
e la solitudine, e risuonano le note dell'organo suonato dal capitano) si
nasconda uno dei primi manifesti "ecologisti" rivolti al grande
pubblico:
- Voi amate
il mare, capitano?
- Sì! L'amo!
Il mare è tutto. Copre i sette decimi del globo terrestre; il suo respiro è
puro e sano; è l'immenso deserto in cui l'uomo non è mai solo, poiché sente
fremere la vita al suo fianco. Il mare non è altro che il veicolo di
un'esistenza straordinaria e prodigiosa; non è che movimento e amore, è
l'infinito vivente, come ha detto uno dei vostri poeti. Infatti, signor
professore, la natura si manifesta qui con i suoi tre regni: minerale,
vegetale, animale. Quest'ultimo vi è largamente rappresentato da quattro gruppi
di zoofiti, da tre classi di articolati, da cinque classi molluschi, da tre di
vertebrati, dai mammiferi, dai rettili e dalle innumerevoli legioni di pesci,
che contano oltre tredicimila specie, di cui un decimo soltanto appartiene
all'acqua dolce; il mare è il serbatoio della natura; è dal mare che il globo
è, per così dire, incominciato, e chissà che non finisca in lui. Nel mare è la
tranquillità suprema. Il mare non appartiene ai despoti, che possono solo
esercitare alla sua superficie diritti iniqui e battersi, e divorarsi, e
trasportarvi tutti gli orrori della terra, ma a trenta piedi sotto il suo
livello, il loro potere cessa, la loro influenza si estingue, tutta la loro
potenza svanisce! Ah! Signore, vivete, vivete in mezzo ai mari! Qui soltanto è
indipendenza, qui non riconosco padroni, qui sono libero! [pp. 89-90]
Il Nautilus sembra quasi una nave di Greenpeace ante litteram.
L'aspetto "attivista" e rivoluzionario del Capitano si
intravede, non solo nelle parole appena riportate che inneggiano a una
riflessione attenta sulle risorse e sullo sfruttamento dei mari, ma anche in
quelle azioni - che il linguaggio contemporaneo definirebbe "sovversive"
e che sembrano un'ulteriore contraddizione del carattere misterioso del
Capitano - di aiuto finanziario ai rivoluzionari greci, sostenuti con l'oro recuperato
dai relitti dei galeoni spagnoli, oppure di aiuto agli ultimi e agli sfruttati,
come i poveri raccoglitori di perle dell'isola di Ceylon, sfruttati dagli
Inglesi (ci sarà in questo episodio un modesto omaggio a Bizet e alla sua opera
Les pêcheurs de perles del 1863?).
Le pagine di Ventimila leghe sotto
i mari soffrono in alcuni tratti i 150 anni circa di età, tuttavia esse
nascondono la freschezza e la lungimiranza di Giulio Verne e di un mondo
comunque votato alla scoperta e al progresso non solo scientifico e
tecnologico, ma anche umano.
Quello che è stato un romanzo per ragazzi, forse oggi appare estremamente
noioso alle generazioni multitasking,
eppure la sua lettura può ancora riservare stupore e meraviglia.
Lorenzo Cusimano
Bibliotheka Edizioni online!
Bibliotheka Edizioni è una nuova realtà dell'editoria
italiana. Nata il 1° luglio 2013 con un tweet, si è proposta al mondo guardando
in direzione del libro elettronico e delle infinite possibilità che l'editoria
digitale può riservare in un mercato del libro che vive una mutazione, che è
purtroppo oscurata dalla crisi economica.
Santiago Maradei, l'editore, ci ha raccontato un po' la sua esperienza
nel mondo della comunicazione e dell'editoria. Ci ha indicato la sua ferma
convinzione nelle potenzialità del mercato dell'ebook e della possibilità che
l'editoria possa realmente rappresentare un settore di rilancio dell'economia italiana,
perché l'Italia è un paese con un patrimonio di creatività e di originalità,
che trova pochi eguali nel resto del mondo. Aggiunge che forse siamo, più che
altro, un popolo di scrittori che di lettori, ma è fiducioso nelle potenzialità
del progetto, che punta alla qualità ancor prima che ai numeri.
Le piccole realtà hanno bisogno di farsi spazio e di sfruttare al meglio
le potenzialità del web e dei social network, per questo motivo la soluzione
adottata dalla nuova casa editrice è quella di rendere anche l'autore
responsabile, insieme all'editore, della diffusione dell'opera. Infatti, ogni
autore ha accesso a una pagina personale all'interno del sito dell'editore che può
essere personalizzata e aggiornata dallo stesso, e a un'area riservata dalla
quale effettuare il controllo delle vendite. A quest'originale meccanismo di
co-responsabilizzazione tra editore (che comunque si impegna a garantire la
vendita del libro sia in formato cartaceo sia in digitale nelle maggiori
piattaforme di vendita online) e autore, Bibliotheka Edizioni ha deciso di
corrispondere all'autore il 50% dei ricavi della vendita dell'opera. Ciò è ovviamente
possibile saltando i passaggi e i balzelli che gravano sulla distribuzione del
libro in Italia e colpiscono soprattutto i piccoli editori.
Dal 2 dicembre 2013 sono disponibili le prime venti opere del catalogo
della casa editrici. Le opere sono state selezionate tra quelle inviate entro
il 1° ottobre del 2013 per l'offerta
speciale startup. Un'iniziativa che ha avuto un buon successo e che ha
visto giungere in redazione un enorme numero di opere, tra le quali una
sessantina molto valide. L'elenco delle venti opere selezionate è consultabile
sul sito www.bibliotheka.it
Auguriamo a Bibliotheka Edizioni buon
lavoro e un 2014 carico di tante novità editoriali per i lettori!
Piero Canale
Una porta nel cielo
Roberto
Baggio, Una porta nel cielo. Un’autobiografia, Arezzo, Limina, 2001, 191 pp., 88-86713-81-9.
Voglio parlare di calcio, una delle
poche vere passioni della mia vita. Ovviamente non parlo dello pseudo-sport a
cui siamo abituati da più di un decennio a questa parte, ma un calcio che
oramai abbiamo in pratica scordato, fatto di uomini, sacrificio e passione.
Tutto questo è Roberto Baggio, che secondo me è stato “Il Signore” del calcio.
Eduardo Galeano, giornalista,
scrittore e saggista uruguaiano, riferendosi a Baggio disse che «in questi
ultimi anni nessuno ha offerto tanto buon calcio e tanti argomenti di
discussione». Ed è proprio vero: per molti, compreso un recente sondaggio realizzato
in rete su scala mondiale, Roberto Baggio è il terzo giocatore di tutti i
tempi, dopo Pelé e Maradona.
Il volume è la sua autobiografia. Il
libro delle risposte, delle confidenze, degli «sfoghi gentili» (quarta di
copertina). Ma anche il libro delle scoperte: la scoperta di un talento
purissimo fin dagli esordi e di un uomo che, ancor prima di approdare in serie
A, si vede esplodere un ginocchio. Ginocchio che lo costringerà per tutta la
carriera professionistica a giocare «con una gamba e mezzo» (p. 31).
Roberto Baggio parla sia della sua passione per il calcio, coltivata fin da
bambino e vissuta sempre in mezzo a tanti sacrifici e dolore, sia delle sue
passioni incontrate nella vita: la famiglia, l'amicizia, la fede e la caccia. Il numero 10, dal tocco
raffinato e romantico, si racconta in questo volume, dove ripercorre la sua
carriera: la gioventù a Caldogno, il drammatico infortunio a Vicenza, l'amore
del tifo a Firenze e Bologna, il suo percorso da miglior calciatore del mondo
nella Juventus di Trapattoni e nella nazionale di Sacchi, quel maledetto rigore
a Pasadena, le incomprensioni con Ulivieri e Lippi. Insomma un vortice di
ricordi, sensazioni ed emozioni dove si scopre che talento e classe non sono
venuti a mancare anche nella sfera umana e personale. In questa lunga
intervista viene illustrata tutta la vita calcistica di Baggio, ma sono
presenti anche piacevoli intervalli di poesia e spiritualità (ricordo, infatti,
che ha abbracciato la fede buddista sin dai primissimi anni ’90).
In un'Italia
che va a rotoli in ogni direzione, dunque anche nel calcio, Roberto Baggio è
stato l’ultimo grande calciatore italiano. Consiglio questo libro a chi vuol
conoscere più a fondo, come merita, un grande campione dell'Italia sportiva,
che si racconta con sincerità, spontaneità e ironia, regalandoci, col suo
esempio, la speranza, la fiducia e la forza di non mollare mai.
Biagio
Bertino
Resistere non serve a niente
Walter Siti, Resistere non serve a niente, Milano, Rizzoli, 2013, pp. 324 (La
Scala), ISBN 978-88-17-05846-9.
Resistere non serve a niente è
l’ultimo romanzo di Walter Siti, vincitore del LXVII Premio Strega 2013, ma
questo non vuol dire niente.
Edito
dalla Rizzoli, il volume mi è stato segnalato da un’amica (attenzione: non
consigliato, segnalato!), affinché ne dessi un parere personale, visto
l’indiscusso successo raggiunto nella critica e nelle recensioni che si possono
leggere sul web, nonché la premiazione di cui si è detto.
Personalmente
non conoscevo né il romanzo, né lo scrittore, nato a Modena nel 1947, già
docente presso le Università di Pisa, Cosenza e L’Aquila.
Il mio
giudizio, però, non è positivo e non saprei neppure spiegare perché gli altri
invece lo siano: per assecondare il
vincitore di un premio letterario; per non andare contro corrente. Non saprei,
in ogni caso de gustibus…
Se
dovessi descrivere questo libro in una parola, lo definirei “squallido”.
Carico
di luoghi comuni, in cerca di approvazione e colmo di quegli atteggiamenti
corrotti e meschini fin troppo noti nello scenario italiano del III millennio.
Resistere non serve a niente mi
appare come la narrazione delle realizzazioni di un infelice che, nonostante
tutto, resta tale: Tommaso.
Tommaso
non ha fatto di sé un uomo, non ha forgiato il proprio carattere attraverso le
vissute esperienze, negative o positive che siano, Tommaso si è ritrovato
adulto ed ha voltato le spalle al suo passato e addirittura, se potesse,
prenderebbe in giro il giovane se stesso, deridendolo e schierandosi dalla
parte di quanti lo avevano realmente fatto.
Ha
cambiato aspetto, ricorrendo alla chirurgia estetica, eliminando assieme ai
chili di troppo il lato debole del suo carattere; la maschera che indossava è
divenuta il suo nuovo se stesso.
Se è
vero che «il carattere [non] sia fissato dalla prima infanzia» e che «quel che
conta è il lento sedimentarsi delle censure, delle preferenze, dei sotterfugi»
(p. 101), è anche vero che Tommaso durante la sua esistenza fa di tutto per
appagare e colmare i vuoti e le mancanze che si sono accumulate proprio a
partire della sua prima infanzia,
come la mancanza di un padre, o la presenza dominante di una madre troppo
schiava della sua condizione di donna rimasta sola.
Un bambino
insoddisfatto che si ritrova in mano un grande potere da adulto, ottenuto a
seguito di losche vicende e affari poco puliti, un potere che adopera per
diletto personale, come un voglioso adolescente: gioca, non pondera le
conseguenze delle azioni; trae piacere personale, senza produrre.
L’intero
volume risulta essere privo di una descrizione paesaggistica, di una
descrizione dettagliata dei personaggi e degli ambienti. Un turpiloquio che scade
spesso nella volgarità espressiva fine a se stessa, che a lungo andare risulta
noiosa e ripetitiva, e non, come tenta di essere, accattivante e maledetta,
come può risultare l’altrettanto perverso ma misterioso Sperelli di dannunziana
memoria.
Sono
tornata più volte a leggere il libro dall’inizio, a causa dell’istintiva
distrazione, per la mancanza di elementi di unione tra un discorso e l’altro,
ma anche a causa del triplice inizio del romanzo, prima sotto forma di
introduzione, poi di riflessione, infine come discorso in medias res, in cui è difficile introdursi e districarne i
personaggi.
Se
letto da chi non possiede una chiara cognizione della meritocrazia e di ciò che
è lecito o meno, il libro rischia di apparire fuorviante e pericoloso.
Inoltre
la prima parte mi appare totalmente priva di collegamento con la seconda: la
prima sembra quasi uno sterile riempitivo per aumentarne il numero di pagine,
come si faceva a scuola durante i temi; la seconda può dare spazio a spunti e
riflessioni su alcune dinamiche della corruzione e sulla famosa zona grigia tra criminalità e finanza,
sebbene il registro linguistico continui ad essere scurrile e volgare.
Dopo la
richiesta esplicita di Tommaso di fare sesso con la figlia dodicenne, rivolta
ad un padre di famiglia per ripagare un debito, episodio decisamente fuori
luogo, svincolato dal resto della trama, il romanzo termina senza fornire
nessuna informazione aggiuntiva sulle perversioni e sull’anti-meritocrazia
vigenti nell’Italia-che-conta e che decide le sorti di tutti.
Ne
verrebbe fuori una fiction serale in
due puntate.
Se
volete fare del male a qualcuno per Natale, sappiate che questo libro è il
regalo adatto da fare trovare sotto l’albero (finto e triste).
Agostina
Passantino
Il buio e la luce. La mia vita e i miei film
William Friedkin, Il buio e la luce. La mia vita e i miei film,
Milano, Bompiani, 2013, 558 pp., ISBN 9788845274442.
"Mi vuoi bene? Ti fidi di me?" - due domande che William
Friedkin ha rivolto più volte a quegli attori che lo deludevano ciak dopo ciak.
Esaurita la pazienza, Friedkin li chiamava, rivolgendo loro i due quesiti.
Quelli che rispondevano positivamente venivano subito portati nella condizione
artistica richiesta dal regista. Come faceva a convincerli in una manciata di
secondi? Semplice: con un ceffone del tutto inaspettato. Uno schiaffo che li
riportava indietro nel tempo, tirando fuori prima la vulnerabilità e poi la
forza e riuscendo a finalmente a metterli "a fuoco".
I registi degli anni Settanta... non ce ne sono più così. Sono stati loro
gli ultimi grandi autori selvaggi. Quelli pronti a sporcarsi le mani e
combattere ogni battaglia contro nemici o anche amici, perfino disposti a
uscire un po' di testa. Tutto pur di beneficiare la loro creazione. Bastano le
prime venti pagine per capire che Il buio
e la luce - autobiografia di William Friedkin - è uno dei libri dell'anno.
Cinquecento pagine di puro piacere narrativo: la descrizione dell'ultimo
periodo coraggioso del cinema made in USA,
quello dal retrogusto amaro che fu oscurato poco dopo con l'arrivo dei
sognatori hollywoodiani.
L'inizio della fine, è questo che il settantottenne Friedkin racconta,
invitando il lettore alla scoperta del suo ego smisurato, quello di una persona
tutt'altro che semplice, un uomo in grado di essere disgustoso e un minuto dopo
adorabile. E viceversa. Uno che ha cominciato la sua carriera con un
documentario che ha inchiodato l'opinione pubblica, salvando la vita a un
condannato a morte per mancanza di prove schiaccianti. E che trent'anni dopo
non ha avuto paura di affermare il suo supporto verso la pena capitale. Lo
stesso uomo che ha diretto alcuni dei film più memorabili della storia del
cinema: dal poliziotto fascistoide de Il
braccio violento della legge (che trionfò agli Oscar) alla bambina
posseduta la cui testa è in grado di ruotare a 360 gradi nel film più
terrificante della storia del cinema.
Sono proprio i capitoli dedicati a L'esorcista
la parte culminante del libro. L'amore a prima lettura del romanzo di William
Peter Blatty e il successivo rapporto scontroso con quest'ultimo. La
manipolazione dei produttori hollywoodiani con scenate estreme, e la profonda
convinzione che non si tratti di un film horror sovrannaturale. Piuttosto una
riflessione sull'esistenza del male.
Le chicche non mancano: dal primo provino con una Linda Blair più avanti
mentalmente rispetto alla giovanissima età, ai dubbi artistici di Max Von
Sydow, totalmente nel pallone prima di girare la scena madre. Peccato che
Friedkin non menzioni i colpi di pistola sparati in aria sul set, allo scopo di
terrorizzare gli attori all'improvviso. Forse è questo l'unico rammarico del
libro, che il regista da una parte si avventuri verso la luce del titolo
italiano, quella della determinazione e ossessione che lo hanno portato al suo
status di grande autore, peccato però che a volte tralasci aspetti il
"buio" della sua persona. Per fortuna questo non succede troppo.
Se al braccio violento della legge e all'esorcista sono dedicati la
maggior parte dei capitoli, è forse la parte su Il salario della paura la più interessante. Quella scritta con più
sofferenza, perché si tratta del film a cui tiene di più, lo stesso che gli
rovinò la carriera. Quel remake di Vite Vendute di Clouzot. che scelse di
dirigere all'indomani dell'esorcista - l'epoca in cui Friedkin aveva in pugno
l'intera industria cinematografica statunitense - e che fu marchiato dalla
critica come noioso e superficiale Lo sforzo creativo era stato enorme, ma
bastarono un paio di righe su un quotidiano a calare la ghigliottina. Era la
fine di un'epoca. Era arrivato Star Wars
e il cinema non sarebbe più stato lo stesso: invece che avventurarsi ed
esplorare l'oscurità, si mise a sognare con Spielberg e gli altri.
Friedkin non è certo un sognatore, piuttosto uno che con la sua macchina
da presa riesce a portare avanti un discorso sull'esplorazione dell'identità
filmando il punto in cui l'uomo può spingersi concretizzando i propri incubi.
Ne vorremmo sapere molto di più, ma è inevitabile che il regista abbia dovuto
fare delle scelte editoriali e ridurre a poche pagine i racconti sui suoi film
"minori" – che poi minori non sono - (tra tutti Basta vincere o Cruising).
Oltre cinquecento pagine che inchiodano gli amanti del cinema e portano a
termine lo scopo ultimo di questo viaggio letterario: andare al più presto a
recuperare i suoi film perduti o riscoprire e re-innamorarci di quelli che
conosciamo già.
Pierpaolo Festa
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