Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari, Milano,
BUR, 2004, 438 pp., ISBN 978-88-17-00-244-8.
Una bandiera nera con una "N" dorata al centro. Questo è il
vessillo del Capitano Nemo che sventola al Polo Sud.
«Mobilis in mobile» è il suo motto.
Il Capitano Nemo - misteriosissimo e imperscrutabile principe indiano, un
po' pirata, un po' filosofo e un po' scienziato - è la figura centrale,
preponderante e apparentemente contraddittoria di Ventimila leghe sotto i mari, romanzo, forse, tra i più popolari di
Giulio Verne. Eppure del personaggio si sa poco, come poche sono le sue parole,
pochissime; le sue emozioni quasi pari a zero; le sue azioni secche e risolute
al massimo grado; la sua conoscenza profonda e superiore del mondo e della
natura. Il prof. Aronnax, stimato e acclamato naturalista, tuttavia, ne resta
profondamente ammaliato e affascinato. Una sorta di sindrome di Stoccolma, che
investe in pieno il naturalista - costretto a uno status di prigioniero,
insieme a Ned Land e a Consiglio - e che si basa sulla meraviglia del conoscere
e della scienza.
Abituati alle fantasiose e sempre artificiose tecniche dell'effetto
speciale cinematografico fine a se stesso, è difficile - per certi versi -
comprendere e accogliere la natura avventurosa e fantascientifica di questo
capolavoro della seconda metà dell'Ottocento, che ebbe un notevole successo e
che fa parte di una trilogia che inizia con I
figli del capitano Grant e si conclude con L'isola misteriosa.
Uscito nel 1870 per i tipi di Hetzel, il romanzo è ambientato nel 1867
(alla vigilia dell'apertura del canale di Suez), negli anni in cui le potenze
europee hanno raggiunto l'acme nella corsa alle colonie. L'opera di Giulio
Verne appare come una fotografia attenta del mondo europeo ottocentesco e nello
stesso tempo punto di svolta e cambiamento. Infatti, pur non essendo un romanzo
per certi versi "enciclopedico" e didascalico, in esso convivono due
nature che sono entrambe facce della stessa medaglia della conoscenza. Il
Positivismo imperante, classificatorio e tassonomico del prof. Aronnax e del
suo aiutante Consiglio, fa da contraltare alla conoscenza e alla padronanza
della tecnica raggiunto dal Capitano Nemo, le quali si esprimono principalmente
nella progettazione del Nautilis e nelle sue sofisticatissime apparecchiature. Il
grado della tecnica raggiunto dal Capitano e il suo uso, che sembrano andare
verso una concezione umanitaria e non economica del progresso, sono tuttavia connotate,
in maniera paradossale, dal distacco e dall'esilio volontario del capitano dal
mondo e dagli esseri umani. Dichiarando di non voler più mettere piede sulla
terra ferma e di non volerne più essere dipendente per quanto riguarda le
materie prime e le risorse energetiche - così come dal lavoro degli uomini -,
il Capitano Nemo esclude, di fatto, il mondo dalla sua conoscenza e dalle
meraviglie che si possono ammirare soltanto esplorando gli abissi.
Non è un caso però che dietro questo distacco misantropico (tanto da far
apparire il Nautilus come un monastero sottomarino, dove albergano il silenzio
e la solitudine, e risuonano le note dell'organo suonato dal capitano) si
nasconda uno dei primi manifesti "ecologisti" rivolti al grande
pubblico:
- Voi amate
il mare, capitano?
- Sì! L'amo!
Il mare è tutto. Copre i sette decimi del globo terrestre; il suo respiro è
puro e sano; è l'immenso deserto in cui l'uomo non è mai solo, poiché sente
fremere la vita al suo fianco. Il mare non è altro che il veicolo di
un'esistenza straordinaria e prodigiosa; non è che movimento e amore, è
l'infinito vivente, come ha detto uno dei vostri poeti. Infatti, signor
professore, la natura si manifesta qui con i suoi tre regni: minerale,
vegetale, animale. Quest'ultimo vi è largamente rappresentato da quattro gruppi
di zoofiti, da tre classi di articolati, da cinque classi molluschi, da tre di
vertebrati, dai mammiferi, dai rettili e dalle innumerevoli legioni di pesci,
che contano oltre tredicimila specie, di cui un decimo soltanto appartiene
all'acqua dolce; il mare è il serbatoio della natura; è dal mare che il globo
è, per così dire, incominciato, e chissà che non finisca in lui. Nel mare è la
tranquillità suprema. Il mare non appartiene ai despoti, che possono solo
esercitare alla sua superficie diritti iniqui e battersi, e divorarsi, e
trasportarvi tutti gli orrori della terra, ma a trenta piedi sotto il suo
livello, il loro potere cessa, la loro influenza si estingue, tutta la loro
potenza svanisce! Ah! Signore, vivete, vivete in mezzo ai mari! Qui soltanto è
indipendenza, qui non riconosco padroni, qui sono libero! [pp. 89-90]
Il Nautilus sembra quasi una nave di Greenpeace ante litteram.
L'aspetto "attivista" e rivoluzionario del Capitano si
intravede, non solo nelle parole appena riportate che inneggiano a una
riflessione attenta sulle risorse e sullo sfruttamento dei mari, ma anche in
quelle azioni - che il linguaggio contemporaneo definirebbe "sovversive"
e che sembrano un'ulteriore contraddizione del carattere misterioso del
Capitano - di aiuto finanziario ai rivoluzionari greci, sostenuti con l'oro recuperato
dai relitti dei galeoni spagnoli, oppure di aiuto agli ultimi e agli sfruttati,
come i poveri raccoglitori di perle dell'isola di Ceylon, sfruttati dagli
Inglesi (ci sarà in questo episodio un modesto omaggio a Bizet e alla sua opera
Les pêcheurs de perles del 1863?).
Le pagine di Ventimila leghe sotto
i mari soffrono in alcuni tratti i 150 anni circa di età, tuttavia esse
nascondono la freschezza e la lungimiranza di Giulio Verne e di un mondo
comunque votato alla scoperta e al progresso non solo scientifico e
tecnologico, ma anche umano.
Quello che è stato un romanzo per ragazzi, forse oggi appare estremamente
noioso alle generazioni multitasking,
eppure la sua lettura può ancora riservare stupore e meraviglia.
Lorenzo Cusimano
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