Visualizzazioni totali

giovedì 5 dicembre 2013

Resistere non serve a niente

Walter Siti, Resistere non serve a niente, Milano, Rizzoli, 2013, pp. 324 (La Scala), ISBN 978-88-17-05846-9.

 Resistere non serve a niente è l’ultimo romanzo di Walter Siti, vincitore del LXVII Premio Strega 2013, ma questo non vuol dire niente.
Edito dalla Rizzoli, il volume mi è stato segnalato da un’amica (attenzione: non consigliato, segnalato!), affinché ne dessi un parere personale, visto l’indiscusso successo raggiunto nella critica e nelle recensioni che si possono leggere sul web, nonché la premiazione di cui si è detto.
Personalmente non conoscevo né il romanzo, né lo scrittore, nato a Modena nel 1947, già docente presso le Università di Pisa, Cosenza e L’Aquila.
Il mio giudizio, però, non è positivo e non saprei neppure spiegare perché gli altri invece lo siano: per assecondare il vincitore di un premio letterario; per non andare contro corrente. Non saprei, in ogni caso de gustibus
Se dovessi descrivere questo libro in una parola, lo definirei “squallido”.
Carico di luoghi comuni, in cerca di approvazione e colmo di quegli atteggiamenti corrotti e meschini fin troppo noti nello scenario italiano del III millennio.
Resistere non serve a niente mi appare come la narrazione delle realizzazioni di un infelice che, nonostante tutto, resta tale: Tommaso.
Tommaso non ha fatto di sé un uomo, non ha forgiato il proprio carattere attraverso le vissute esperienze, negative o positive che siano, Tommaso si è ritrovato adulto ed ha voltato le spalle al suo passato e addirittura, se potesse, prenderebbe in giro il giovane se stesso, deridendolo e schierandosi dalla parte di quanti lo avevano realmente fatto.
Ha cambiato aspetto, ricorrendo alla chirurgia estetica, eliminando assieme ai chili di troppo il lato debole del suo carattere; la maschera che indossava è divenuta il suo nuovo se stesso.
Se è vero che «il carattere [non] sia fissato dalla prima infanzia» e che «quel che conta è il lento sedimentarsi delle censure, delle preferenze, dei sotterfugi» (p. 101), è anche vero che Tommaso durante la sua esistenza fa di tutto per appagare e colmare i vuoti e le mancanze che si sono accumulate proprio a partire della sua prima infanzia, come la mancanza di un padre, o la presenza dominante di una madre troppo schiava della sua condizione di donna rimasta sola.
Un bambino insoddisfatto che si ritrova in mano un grande potere da adulto, ottenuto a seguito di losche vicende e affari poco puliti, un potere che adopera per diletto personale, come un voglioso adolescente: gioca, non pondera le conseguenze delle azioni; trae piacere personale, senza produrre.
L’intero volume risulta essere privo di una descrizione paesaggistica, di una descrizione dettagliata dei personaggi e degli ambienti. Un turpiloquio che scade spesso nella volgarità espressiva fine a se stessa, che a lungo andare risulta noiosa e ripetitiva, e non, come tenta di essere, accattivante e maledetta, come può risultare l’altrettanto perverso ma misterioso Sperelli di dannunziana memoria.
Sono tornata più volte a leggere il libro dall’inizio, a causa dell’istintiva distrazione, per la mancanza di elementi di unione tra un discorso e l’altro, ma anche a causa del triplice inizio del romanzo, prima sotto forma di introduzione, poi di riflessione, infine come discorso in medias res, in cui è difficile introdursi e districarne i personaggi.
Se letto da chi non possiede una chiara cognizione della meritocrazia e di ciò che è lecito o meno, il libro rischia di apparire fuorviante e pericoloso.
Inoltre la prima parte mi appare totalmente priva di collegamento con la seconda: la prima sembra quasi uno sterile riempitivo per aumentarne il numero di pagine, come si faceva a scuola durante i temi; la seconda può dare spazio a spunti e riflessioni su alcune dinamiche della corruzione e sulla famosa zona grigia tra criminalità e finanza, sebbene il registro linguistico continui ad essere scurrile e volgare.
Dopo la richiesta esplicita di Tommaso di fare sesso con la figlia dodicenne, rivolta ad un padre di famiglia per ripagare un debito, episodio decisamente fuori luogo, svincolato dal resto della trama, il romanzo termina senza fornire nessuna informazione aggiuntiva sulle perversioni e sull’anti-meritocrazia vigenti nell’Italia-che-conta e che decide le sorti di tutti.
Ne verrebbe fuori una fiction serale in due puntate.
Se volete fare del male a qualcuno per Natale, sappiate che questo libro è il regalo adatto da fare trovare sotto l’albero (finto e triste).

Agostina Passantino





Nessun commento:

Posta un commento