Storia di Alessia
Ci sono storie normalmente normali e altre straordinariamente normali.
Come la storia di Alessia, una ragazza vivace e talentuosa, appassionata di anime e manga, che diventa scrittrice di romanzi fantasy. Ma questa sarebbe una bella storia normalmente normale. A
diciotto anni, infatti, le viene diagnosticata l’Atassia di Friedriech che spiega infine la spossatezza, i dolori,
la perdita di equilibrio. È un periodo orribile. La malattia, rara e
degenerativa, avrebbe normalmente spento l’animo di chiunque, ma non di
Alessia. Lei scopre che se Maometto non può andare alla montagna, le si può
connettere via web. Dalla sua stanza via modem trova amiche dagli interessi
comuni con cui confrontarsi, che la spingono infine a visitare insieme una convention di comics. E qui le si
disvela l’universo del Cosplay,
ossia dell’arte d’impersonare un personaggio di film o manga, creandosi un costume fedele ma soprattutto incarnandone lo
spirito e le mosse. Alessia decide di provare, e scopre il piacere di esser
guardata dalla gente non più per la sua disabilità, ma per la sua capacità
d’immedesimazione. Così la sua storia diviene straordinariamente normale:
incurante delle pastoie dell’Atassia, come qualsiasi ragazza segue e persegue
la sua passione. Con l’aiuto della nonna Betty, suo angelo custode, inizia a
progettare, assemblare, cucire, ricamare e forgiare cinture, corone, armi e tuniche,
divenendo una delle più note cosplayer d’Italia dal nome d’arte di Ryuki. Uscita
dal guscio, Alessia è inarrestabile: da partecipante diviene organizzatrice di
eventi, performer e infine autrice di saghe fantasy. Nel blog dedicato ai suoi
cosplay (http://www.ryukicosplay.com)
spiega: «Ciò che sono si può riassumere in un'unica parola... sognatrice!
Fin da bambina ho usato la mia mente, la mia fantasia, per inventare storie e
mondi immaginari in cui potermi perdere, in cui poter dimenticare i brutti
momenti che spesso ho passato... Crescendo ho trasformato quei giochi di
bambina in storie scritte, racconti, popolati di personaggi che erano ciò che
avrei voluto essere io». Non bisogna credere che la natura sognante implichi il
distacco dalla realtà, dovendo lei sempre far comunque i conti con la malattia.
Alessia decide dunque di scrivere la sua storia in una biografia che
significativamente intitola Alessia in Cosplayland, perché similmente
all’Alice di Carroll, vive una
meravigliosa avventura, stavolta nella Terra del Cosplay. Questo racconto aveva
sottesa la vocazione al fumetto, ed ecco il motivo di questa doppia recensione,
che vuole raccontare le due facce della stessa storia da due diversi punti di
vista. Si sottolinea che il ricavato delle vendite dei due volumi è devoluto alla
ricerca sull’Atassia di Friedrich.
Alessia Mainardi, Alessia in
Cosplayland, Fidenza, Mattioli 1885, 2011, 108 pp., ISBN 978-88-6261-206-7.
Alessia racconta la sua storia in prima persona con uno stile semplice,
sincero, corredandola di un repertorio fotografico per far apprezzare la
qualità finale raggiunta dal Cosplay di Ryuki (sé stessa). Vediamo sfilare così
Jack Sparrow, la Sposa Cadavere, Maria Antonietta, Lady Oscar, Magneto,
Legolas, Satine, Elizabeth Swann, la Regina Bianca, Elizabeth I, e altri
ancora. Hanno tutti gli occhi di Alessia, ma sono altro. Leggendo si comprende
come l’immedesimazione sia totale, e di come questo ‘altro’ fosse divenuto per
lei sempre più importante, perché la astraeva dalla sua condizione esistenziale.
Il pericolo era, però, quello di giungere alla autoreclusione in un universo
parallelo di spade e parrucche. E infine le si aprirono gli occhi: «Nel momento
in cui mi sono accorta che il Cosplay cominciava a prendere il sopravvento
sulla mia vita e su chi sono realmente, ho deciso che avrei trovato il modo di
essere io a sfruttare il Cosplay per fare qualcosa di davvero utile» (p. 89).
La stesura di questo libro è dunque la catarsi da una situazione difficile, da
una vita divenuta recitata e autoreferenziale. Alessia mette nero su bianco
senza ritrosia certezze e paure, ma le inserisce in un apparato grafico che
rende il libro quasi un fumetto, cosparso da mini dolls ammiccanti ispirate ai suoi Cosplay. Ci si stupisce di non
dover leggere il libro manga style, cioè dall’ultima alla prima pagina, ma
ancora di più del grande messaggio di base a tutto questo: «Rimanere aggrappata
al ‘Paese delle Meraviglie’ senza portare al di fuori quello che mi aveva
regalato era esattamente come ripiombare nella stagnante immobilità dei miei
anni bui. Ora finalmente Alessia è soltanto Alessia e ha una gran voglia di
andare avanti realizzando uno dopo l’altro tutti i suoi sogni con la volontà
che ha capito di possedere, che è ciò che rende chiunque in grado di realizzare
l’impossibile» (p. 97). Alessia Mainardi vive e lavora a Parma e per questa
autobiografia ha già vinto il Premio Musa e il Premio Toyp; è anche autrice
delle due trilogie fantasy Argetlam
(Emmeci) e Avelion (Mattioli 1885 Editore).
Ivan Bella, Simone Brusca, Alessia Mainardi, Alessia in
Cosplayland. Lo specchio della realtà, Piacenza, Grafiche Lama, 2013, 96 pp.,
ISBN 978-88-96037-40-9.
Se la biografia è la storia che Alessia doveva tirar fuori e da cui –
sotto certi aspetti - prenderne le distanze, il fumetto - o, come si dice oggi
la graphic novel - è stato il
feedback che le è tornato indietro. Perché in fondo la sceneggiatura di Simone
Brusca e i disegni di Ivan Bella hanno fatto questo: dare la loro versione dall’esterno.
Hanno trasformato il lungo monologo dell’autobiografia di Alessia in un
racconto perlopiù in primo piano, che si allarga in panoramiche significative, ma
che sempre ha lei in fuoco. Il taglio cinematografico è chiaramente presente
per tutta la storia: le vignette sono spesso zoomate, le sequenze hanno un
‘montaggio’ talvolta serrato e talvolta rilassato, ad assecondare gli stati
d’animo di Alessia. Come felice espediente narrativo compare il vero macroingrandimento
delle cellule degenerate dalla malattia per scandire l’aggravarsi costante
delle sue condizioni. Non traggano in inganno le scene oniriche e i costumi dei
cosplayers: se la novel fosse una pellicola sarebbe comunque
un film neorealista, con il suo bianco e nero severo, che non risparmia gli
episodi meno felici perché vuole essere obiettivo e non consolatorio. Non serve.
Alessia, con la sua tempra, non necessita e non gradisce compatimenti,
ripetendo il suo motto: “La volontà ci
rende in grado di realizzare anche l’impossibile” (p. 93). Simone Brusca,
già sceneggiatore dell’opera Psicometrica:
memorie da un futuro remoto (Verbavolant), vive e lavora a Palermo, da dove
gestisce anche il suo blog www. filidifumetto.blogspot.it. Ivan Bella, dopo il
corso di comix alla Scuola del fumetto di Roma, è qui alla sua prima graphic
novel.
Eloisia Tiziana Sparacino
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