Andrea Camilleri, Gocce di Sicilia, Milano, Mondadori, 2009, 91 pp. (Piccola
Biblioteca Oscar Mondadori, 641), ISBN 978-88-04-59078-1.
Questo
volume raccoglie alcuni scritti originali di Andrea Camilleri comparsi, tra il
1995 e il 2000, sull’Almanacco dell’Atlanta.
Nello specifico si tratta di 7 racconti dalla grandissima forza espressiva, che
hanno reso Camilleri uno degli scrittori più apprezzati nel panorama letterario
italiano: Zù Cola, «pirsona pulita»
[pp. 7-21], Chi è che trasì nello studio?
[pp. 23-34], Piace il vino a San Calò
[pp. 35-44], Il primo voto [pp.
45-59], Ipotesi sulla scomparsa di
Antonio Patò [pp. 61-80], Il cappello
e la coppola [pp. 81-84], Vicenda d’un
lunario [pp. 85-92].
Tra
questi, particolarmente interessante risulta Chi è che trasì nello studio?, in cui Camilleri rievoca, in una
Sicilia assolata di metà novecento, la figura di «uno zio magico, “u
zz’Arfredu”» [p. 25], medico, come ci dice l’autore, e considerato da tutti
quasi un santo. Oltre ad essere stimato santo, lo zio aveva anche la capacità
di creare santi: per citarne alcuni, san Callìpedo, san Culario, ma soprattutto
san Filàno. Il culto, rigorosamente vietato agli uomini, se non a zio Alfredo,
che ne era il Gran Sacerdote, «veniva praticato da ragazze da marito che ancora
non avevano lo zito, il fidanzato» [p. 26].
Questo
«omone» [p. 25], come ce lo descrive Camilleri, era anche una persona dal gran
cuore, tanto che, una volta, «fece costruire a sue spese una vera colonia dove,
a sue spese, gli orfanelli potevano soggiornare per un mese» [pp. 28-29]. Nella
sua casa della “marina”, assediata in estate da masnade di nipoti, c’era un
luogo che attraeva particolarmente il giovane Camilleri: lo studio. Era uno
«stanzone stracolmo fino al soffitto di libri e riviste» [p. 31], nel quale il
bambino decise di entrare di nascosto, ma acquistando, da quel momento, la
stima dello zio. Nei cinque anni successivi egli trascorse molte ore a leggere
e rileggere celebri volumi di autori illustri, come «Conrad, Melville,
Maupassant, Flaubert, Dumas, Verga, Capuana, Pirandello» [p. 32]. Toccante la
conclusione del racconto, in cui lo zio morente assicura al ragazzino che,
anche dopo la sua dipartita, avrebbe potuto continuare ad andare nello studio a
leggere tutte le volte che avesse voluto.
Molto
divertente, ma al tempo stesso pungente, il metaforico racconto Il cappello e la coppola, in cui si
narra l’incontro tra un cappello (simbolo della classe dirigente) e una coppola
(simbolo della criminalità organizzata).
Ipotesi sulla scomparsa di Antonio Patò è il
racconto che, successivamente ampliato e completato con integrazioni ed
aggiunte, diede luogo al fortunato romanzo La
scomparsa di Patò (2000).
In ogni
testo risplendono quell’abilità letteraria, quel linguaggio originale e
caratteristico, contemporaneamente ricercato e popolaresco, che lo hanno reso
uno degli autori siciliani più apprezzati di sempre.
Vincenzo
Bagnera
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