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sabato 5 aprile 2014

Gocce di Sicilia

Andrea Camilleri, Gocce di Sicilia, Milano, Mondadori, 2009, 91 pp. (Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, 641), ISBN 978-88-04-59078-1.

Questo volume raccoglie alcuni scritti originali di Andrea Camilleri comparsi, tra il 1995 e il 2000, sull’Almanacco dell’Atlanta. Nello specifico si tratta di 7 racconti dalla grandissima forza espressiva, che hanno reso Camilleri uno degli scrittori più apprezzati nel panorama letterario italiano: Zù Cola, «pirsona pulita» [pp. 7-21], Chi è che trasì nello studio? [pp. 23-34], Piace il vino a San Calò [pp. 35-44], Il primo voto [pp. 45-59], Ipotesi sulla scomparsa di Antonio Patò [pp. 61-80], Il cappello e la coppola [pp. 81-84], Vicenda d’un lunario [pp. 85-92].  
Tra questi, particolarmente interessante risulta Chi è che trasì nello studio?, in cui Camilleri rievoca, in una Sicilia assolata di metà novecento, la figura di «uno zio magico, “u zz’Arfredu”» [p. 25], medico, come ci dice l’autore, e considerato da tutti quasi un santo. Oltre ad essere stimato santo, lo zio aveva anche la capacità di creare santi: per citarne alcuni, san Callìpedo, san Culario, ma soprattutto san Filàno. Il culto, rigorosamente vietato agli uomini, se non a zio Alfredo, che ne era il Gran Sacerdote, «veniva praticato da ragazze da marito che ancora non avevano lo zito, il fidanzato» [p. 26].
Questo «omone» [p. 25], come ce lo descrive Camilleri, era anche una persona dal gran cuore, tanto che, una volta, «fece costruire a sue spese una vera colonia dove, a sue spese, gli orfanelli potevano soggiornare per un mese» [pp. 28-29]. Nella sua casa della “marina”, assediata in estate da masnade di nipoti, c’era un luogo che attraeva particolarmente il giovane Camilleri: lo studio. Era uno «stanzone stracolmo fino al soffitto di libri e riviste» [p. 31], nel quale il bambino decise di entrare di nascosto, ma acquistando, da quel momento, la stima dello zio. Nei cinque anni successivi egli trascorse molte ore a leggere e rileggere celebri volumi di autori illustri, come «Conrad, Melville, Maupassant, Flaubert, Dumas, Verga, Capuana, Pirandello» [p. 32]. Toccante la conclusione del racconto, in cui lo zio morente assicura al ragazzino che, anche dopo la sua dipartita, avrebbe potuto continuare ad andare nello studio a leggere tutte le volte che avesse voluto.
Molto divertente, ma al tempo stesso pungente, il metaforico racconto Il cappello e la coppola, in cui si narra l’incontro tra un cappello (simbolo della classe dirigente) e una coppola (simbolo della criminalità organizzata).
Ipotesi sulla scomparsa di Antonio Patò è il racconto che, successivamente ampliato e completato con integrazioni ed aggiunte, diede luogo al fortunato romanzo La scomparsa di Patò (2000).
In ogni testo risplendono quell’abilità letteraria, quel linguaggio originale e caratteristico, contemporaneamente ricercato e popolaresco, che lo hanno reso uno degli autori siciliani più apprezzati di sempre.

Vincenzo Bagnera





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