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mercoledì 20 marzo 2013

Cose di Cosa Nostra



Giovanni Falcone, Cose di Cosa Nostra, in collaborazione con Marcelle Padovani, Milano, BUR, 2007, 177 p., ISBN 978-88-17-00233-2.

Che cos’è la mafia? Una domanda apparentemente semplice, a cui Giovanni Falcone dà risposte semplici, immerse in un ragionamento molto più complesso. Varcando i confini di scienze come la psicologia e l’antropologia di cui il fenomeno mafioso, per il giudice palermitano, è profondamente impregnato, si fondono insieme una visione della realtà e dell’uomo stesso.
Il racconto delle “guerre di mafia”, il rapporto con i pentiti (tra i più importanti, Buscetta, Contorno, Mannoia e Calderone), la mattanza dei Corleonesi sono solo alcuni degli argomenti toccati da Giovanni Falcone che focalizza anche l’importanza, non indifferente, di una cultura mafiosa che fatica a scomparire: “l’interpretazione dei segni, dei gesti, dei messaggi e dei silenzi” (p. 49). Falcone non teme di sviscerare i minimi dettagli di questo Stato-altro, che nella sua Sicilia gli pare allungarsi come una nuvola piena di cattivi presagi in tutte le direzioni: dal mondo dell’agricoltura a quello dell’economia, della finanza e della politica.
«Per quanto possa sembrare strano, la mafia mi ha impartito una lezione di moralità» (pp. 70-71), scrive Falcone in un passaggio del libro, tentando di descrivere il suo (complesso) rapporto con quello che non esita a chiamare, per primo e senza mezze misure, lo «Stato-mafia» (p. 71). Uno Stato “parallelo” a quello rappresentato dalle istituzioni. Ma i cui meccanismi arrivano spesso a sopperire le carenze di uno Stato distratto e burocratico, fino a rimpiazzarlo in tutte le sue funzioni e i suoi punti vitali: l’assistenza ai cittadini, il deficit di istruzione, la mancanza di lavoro e di prospettive per i giovani. Un vuoto di Stato, a partire dalla progettualità di vita di ciascuno, che i mezzi a disposizione della mafia (oltre alla sua forte capacità attrattiva, per la combinazione di terrore e potere di cui dispone) non faticano a colmare. Tanto che, per il magistrato, la mafia «a pensarci bene, non è altro che espressione di un bisogno di ordine e quindi di Stato» (p. 71).
Questo libro è il risultato di venti interviste effettuate da Marcello Padovani a Giovanni Falcone tra il marzo e il giugno del 1991. A differenza dell’edizione di quell’anno, questa pubblicazione del 2007 contiene due capitoli, scritti dalla giornalista francese, che precedono le parole di Falcone: Dodici anni dopo pp. 3-7 e Prologo alla prima edizione 1991 pp. 9-19. Il racconto del giudice è quindi articolato in sei capitoli «disposti come… cerchi concentrici attorno al cuore del problema-mafia: lo Stato»: Violenze pp. 21-45; Messaggi e messaggeri pp. 47-71; Contiguità pp. 73-92; Cosa Nostra pp. 95-121; Profitti e perdite pp. 123-145; Potere e poteri pp. 147-171.

Biagio Bertino


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