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martedì 5 marzo 2013

Le due guerre



Gian Carlo Caselli, Le due guerre. Perché l’Italia ha sconfitto il terrorismo e non la mafia, postfazione di Marco Travaglio, Milano, Melampo Editore, 2010, 157 p., ISBN 978-88-89533-39-0.

Le due guerre di Gian Carlo Caselli sono quelle che ha combattuto durante la sua straordinaria carriera di magistrato: prima contro il Terrorismo storico degli anni settanta e, successivamente, contro la Mafia negli anni novanta del secolo scorso.
Caselli racconta. Racconta con stile sobrio e pulito i fatti di quegli anni. I fatti, non le opinioni. Narra i momenti salienti della lotta alle Brigate Rosse e a Prima Linea quando, da giovane magistrato, viene chiamato assieme ad altri valorosi colleghi, dal capo dell’Ufficio Istruzione della procura di Torino a occuparsi di quei crimini spacciati per gesti rivoluzionari, con a fianco un nucleo di carabinieri altamente preparato e specializzato come quello del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Ci spiega anche del modo in cui quella guerra è stata vinta dallo Stato.
      All’indomani delle stragi del ’92 – in cui vengono massacrati i due giudici antimafia più importanti d’Italia e le rispettive scorte – Caselli chiede e ottiene di essere trasferito a Palermo per combattere la Mafia che aveva messo in ginocchio il Paese. Dopo l’apparente consenso iniziale però, la Procura da lui diretta si trova costantemente a essere delegittimata. Lo stesso Stato che ha sconfitto il terrorismo, non ha saputo (e voluto) combattere una lotta che – prima con Chinnici, Caponnetto, Falcone e Borsellino poi con il pool dello stesso Caselli – aveva dato risultati eccellenti nel contrastare la Mafia. 
Bisogna dare atto a Caselli della sua seria personalità: figura di magistrato inflessibile che applica la giustizia in modo intransigente e irreprensibile. Eppure la sua onestà e determinazione non sono riuscite ugualmente a risparmiargli malumori e polemiche, sia da destra che da sinistra.
 Ricorda ancora una volta come, il processo più importante da lui coordinato – il processo Andreotti – non si sia concluso con un’assoluzione, come molti sono convinti, ma con un accertamento dei fatti delittuosi dei quali questo era chiamato a rispondere, passati in prescrizione. Dunque reato COMMESSO ma prescritto!
In conclusione Caselli non perde occasione per lanciare, come sempre, parole di ottimismo:   «Non ci deve essere spazio per la rassegnazione, l’indifferenza, il disimpegno, il riflusso, se non addirittura il trasformismo e l’opportunismo, che oggi nel nostro Paese vanno purtroppo diffondendosi. Vivere il presente con radicalità significa anche essere capaci di critica argomentata e intelligente. Capacità critica significa allora saper rompere gli idoli della seduzione, l’idolo del consenso, l’idolo del potere, per lavorare invece a una comunità finalmente capace di rompere le ingiustizie. Ripartendo dalla Costituzione. È difficile ma possibile. Lo dimostrano ogni giorno i magistrati, i carabinieri e i poliziotti che nonostante tutto continuano a darci dentro. Lo dimostrano i ragazzi palermitani di Addio pizzo e i loro coetanei di Locri.» (p. 152-153). E tante altre testimonianze che «consentono di guardare al futuro con ottimismo» (p. 153).

Biagio Bertino

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