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giovedì 5 giugno 2014

Muscodol

Alessandro Musco, Muscodol, Palermo, Novantacento edizioni, 2014, 95 pp. (I libri di S), ISBN 978-88-96499-46-7.

Senza doverci spostare troppo indietro nel tempo, se questa raccolta fosse stata pubblicata tre mesi fa, durante la sua lettura avrei di certo inviato un messaggio al professore Musco con scritto: - Prof., sto leggendo la raccolta Muscodol e mi sto divertendo un sacco! - ; e lui sicuramente mi avrebbe risposto con un: - Agostella! - è così che mi chiamava, con il soprannome che devo a lui, per altro - Ammuccamu! – tipico suo intercalare, per esprimere un compiacimento lieto e da condividere.
Questa più che una recensione canonica, vuole essere un pretesto per scrivere un ricordo di una persona che tanto ho ammirato, un buon amico, nonché un esempio di rigore e precisione sul lavoro.
Il volume Muscodol, pubblicato in questi giorni dal gruppo editoriale Novantacento ed allegato alla rivista «S», è la raccolta degli articoli scritti da Alessandro Musco, nello spazio dedicato alla sua rubrica all’interno del medesimo periodico e su LiveSicilia.it, rubrica che curava da poco meno di due anni e bruscamente interrotta nel marzo scorso, a causa della sua improvvisa scomparsa.
Gli articoli rivelano uno spaccato realistico e crudo di quella sicilianità, che tanto amava, nella consapevolezza delle innumerevoli falle che perdono acqua da ogni settore: politica, lavoro, occupazione, forma mentis.
Alessandro Musco scrive con un gusto che definirei “auto-ironico”, da siciliano «radicato ed incarcato» [p. 83], come si definiva lui stesso e come si definisce all’interno di uno degli articoli contenuti nella raccolta.
Accostandosi al testo, il lettore non può che sorridere di un riso amaro e malinconico sulle disgrazie più profonde della Regione Siciliana, unica regione con «l’aggettivo che fa la differenza» [p. 15], come viene spiegato in uno dei contributi.
Un’ironia sferzante e pungente, che cede il passo a sottili e celate parole ed intendimenti non detti, e nonostante ciò evidenti alle menti più lucide ed attente. Un flusso di scrittura rapido, dai voli pindarici e dalle argute associazioni mentali.
Musco era ciò che scriveva: schietto, diretto, mai offensivo, ma allusivo, e per questo in grado di colpire e far ugualmente sentire offeso chi si trovava ad essere dalla parte del torto; per ritrovare i medesimi giri retorici e le uguali abili doti nell’arte della parola occorre risalire fino ai retori dell’antichità classica, protagonisti indiscussi della sua formazione personale, dei suoi studi e dei suoi interessi, che manteneva vivi ed in continuo aggiornamento, non smettendo mai di apprendere, pur essendo ormai un affermato docente di Storia della filosofia medievale presso l’Università degli Studi di Palermo. Fino alla fine è stato anche Presidente e anima dell’Officina di Studi Medievali.
Spesso, quando noi giovani collaboratori andavamo via dall’Officina a tarda sera, lo trovavamo concentrato ed estraniato a scrivere al suo pc, forse il suo prossimo articolo da pubblicare proprio su «S»; notandoci sulla soglia della porta della sua stanza, interrompeva la scrittura e ci salutava con il suo solito ampio sorriso, che partiva dagli occhi e si espandeva fino a noi, mischiando qualche parola in siciliano, idioma a lui caro e ricorrente anche negli articoli di questa raccolta.
Questo volume sarebbe stato per lui un gradito omaggio, ancor più per la premessa in esso contenuta, redatta dal figlio Alberto, il quale riporta la personale visione del padre, scevra da stereotipi o da etichette accademiche, e semplicemente descritto come figura paterna.
È un volume che consiglio a tutti di leggere: a chi non conosceva Musco per provare ad immaginare la straordinaria personalità di quest’uomo; ai siciliani per riuscire a leggere con leggerezza e piacere alcuni aspetti rognosi della Sicilia; ai non siciliani per capire che si può – e si deve –  sorridere di ciò che, in realtà, ci penalizza e ci paralizza; e soprattutto lo consiglio a chi, come me, ha conosciuto Alessandro Musco, per tentare di rivivere, per un’ultima volta ancora, il particolare ed unico sapore che avevano le chiacchierate assieme a lui.
Il professore poteva permettersi di criticare la Sicilia ed i siciliani, perché sentiva viscerale e predominante la sua appartenenza a questa terra Sicula, ed è questo l’aspetto che predomina all’interno di ogni articolo della raccolta.
Pagine intense e fitte di cronaca e di politica, attualissime e ben comunicate al lettore.
Solo una volta il tono si sposta verso la formulazione di un desiderio personale, all’interno dell’articolo dedicato idealmente alla Befana, in vista della conclusione dell’anno. Musco dichiara il desiderio di non volere ricevere per tutto il nuovo anno «sorprese di nessun tipo, misura o dimensione e neppure novità impreviste» (p. 83) per sé e per la sua Sicilia; mentre, invece, quasi facendosi beffa di questa piccola richiesta, il nuovo anno ha portato l’imprevisto più inatteso e più definitivo che si potesse aspettare: il nuovo anno ha portato via con sé il professore Musco.
Eppure credo che, se anche avesse saputo ciò che lo attendeva dopo appena due mesi di questo 2014, avrebbe scritto esattamente le stesse parole, così da farle citare o riportare postume da qualcuno, in suo ricordo, come in un malinconico ed ironico scherzo teatrale, quasi da finale di romanzo. Una teatralità senza maschera.
Professore, posso solo aggiungere che, purtroppo, la sua richiesta personale non è stata rispettata, però le assicuro che il resto del desiderio, quello riguardante la Sicula terra, procede alla grande! Infatti non è ancora cambiato nulla, le buche stradali sono ancora lì e della fila alle poste non possiamo che lamentarcene.
Confesso, infine, che mi mancherà domani non potere commentare assieme al Prof. questa simpatica raccolta, magari davanti a un bello caffettino, come eravamo soliti fare.

Agostina Passantino





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