Nathaniel Hawthorne, La lettera scarlatta, Roma, Gruppo
Editoriale L'Espresso, 2004, 333 pp. (Ottocento, 11), ISBN 88-89145-11-0.
La lettera scarlatta è la storia di violenza e di
ipocrisia. Non voglio forzare in questa "recensione" temi che possono
sembrare dettati dal tempo presente. Tuttavia questo romanzo del XIX secolo non
riesce a non farmi pensare a due piaghe sociali che oggi contraddistinguono la
società occidentale – e in particolare quella italiana – quali la violenza
sulle donne e l'emarginazione sociale.
Non si vogliono generalizzare o minimizzare tematiche importanti, si
vuole solo affermare la capacità di Nathaniel Hawthorne (1804-1864) di
descrivere due fenomeni sociali con abile finzione narrativa – in modo tale da
renderli estremamente pertinenti con i nostri tempi – e di spiegare i motivi
che si insinuano nei meandri dei meccanismi socio-culturali.
Hester Prynne, la protagonista di questo romanzo, è colei che porta la
lettera scarlatta. La lettera scarlatta è un odioso e infame segno della
manifesta colpa adulterina della donna. Questo simbolo non rappresenta solo il
marchio del peccato e la pena da scontare (Hester Prynne è obbligata a portarla
per sempre sul petto, tenendola bene in vista). Esso è la cifra di una società.
Non è bene fare paragoni tra epoche e luoghi differenti; è utile però
evidenziare come l'amarezza di certe vicende lontane nel tempo e nello spazio,
siano ancora oggi perfettamente calzanti e attuali, e siano proprie e
connotanti di alcuni ambienti della nostra società.
È odioso parlare di violenza sulle donne nel XXI secolo del mondo
cosiddetto "civile", eppure non si può che prendere atto che il
cammino è lungo ancora per l'uomo bianco. Per questo motivo, non si può non
pensare alla violenza subita da madri, spose, fidanzate e figlie, quando si
leggono le azioni di un uomo come Roger Chillingworth, il quale condanna una
donna, con il silenzio opportunista e vigliacco, alla dannazione pubblica in
quanto "peccatrice", in quanto depositaria della sua stessa colpa
perché donna e quindi fautrice della sua stessa pena. Come si fa a non parlare
di femminicidio quando Arthur Dimmesdale, "rispettabilissimo" uomo di
chiesa, accompagna Hester Prynne, con la bambina di pochi mesi al seno, al
patibolo per il pubblico disprezzo, lui che è complice e padre di quella
bambina. Due uomini, due complici di un misfatto nei confronti di una donna,
che ha amato e che non ha voluto disonorare due uomini, che hanno scelto –
nella codardia – di scrollarsi di dosso una responsabilità grande e bruciante: Arthur
Dimmesdale, uomo di chiesa; Roger Chillingworth, uomo di scienza.
Dalla pena della donna si generano anche l'emarginazione sociale e il
disprezzo. La lettera scarlatta sul petto di Hester Prynne, oltre a essere il
marchio della violenza, è anche lo stemma dell'esclusione degli ultimi, di
coloro che sono allontanati e messi al bando dall'onorata società, perché
diversi, o peggio ancora perché ritenuti diversi a causa di un ricamo sul petto
e di una bambina libera e bizzarra. Questa è l'emarginazione che ancora oggi
contraddistingue le città occidentali, le città delle metropolitane, dei centri
commerciali, degli uffici bancari, dei pub frequentati dalla buona borghesia,
dei caffè letterari degli intellettuali. L'adultera è isolata e allontanata come
i lebbrosi e gli appestati. E per strada si genera il largo durante il suo
passaggio, in piazza si crea un cerchio di vuoto intorno a lei. Tuttavia, in
questo romanzo, nell'emarginazione si produce il riscatto sociale, che è
conferito dall'onesto lavoro e dall'assistenza e dalla vicinanza ai più deboli.
Eppure non bastano il lavoro e l'assistenza a togliere via il pregiudizio,
sebbene questo sia un passaggio significativo sull'attualità delle parole di
Nathaniel Hawthorne.
Nello stesso modo però l'ipocrisia della società – che condanna Hester
Prynne a portare la lettera scarlatta – genera le prime vittime. E le vittime
sono proprio i due uomini già citati: Roger Chillingworth e Arthur Dimmesdale i
quali soccombono rispettivamente nel senso di vendetta e nella codardia. Così
muore Arthur Dimmesdale e tuttavia rimane nella memoria come santo, un sir
Ciappelletto involontario e ancor più irrisorio, nei confronti del pastore. Una
pena grande per l'animo di chi troppo tardi ha deciso di redimere e rendere manifeste
le proprie colpe.
Roger Chillingworth muore nell'indifferenza e nella mancanza di scopo
dopo aver condotto una parte della vita alla macchinazione della vendetta.
Questa è La lettera scarlatta,
storia di violenza su una donna, di emarginazione sociale, di ipocrisia e dei
loro effetti. Se insegnamento deve essere, è meglio non discuterlo in una
recensione, che è, più che altro, una raccolta di pensieri su un classico della
letteratura dell'Ottocento.
Lorenzo Cusimano
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