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martedì 5 novembre 2013

Cronaca dei tre giorni

La memoria. Il 14 novembre del 1973, all’epoca della dittatura dei colonnelli, un gruppo di giovani studenti occupa il Politecnico di Atene in segno di protesta contro la Giunta militare. La rivolta viene soppressa dall’esercito su ordine di Papadopoulos. Moltissimi i feriti, alcuni di essi rimarranno invalidi a vita. Quei giovani lottavano contro la dittatura, per la libertà e la democrazia. Il 14 novembre 2013 ricorre il quarantesimo anniversario di quella rivolta. Noi vogliamo ricordarlo così. Ringraziamo Lorenzo Cusimano per la sua recensione.


Kostula Mitropulu, Cronaca dei tre giorni, Palermo, Sellerio, 1976, 48 pp.

I Greci sono da sempre un popolo che ama la libertà. L'esempio più significativo è forse la resistenza contro i Persiani. Il sacrificio dei trecento alle Termopili o la vittoria degli Ateniesi nella piana di Maratona. Tuttavia la storia greca è costellata di atti di resistenza e di estremo coraggio. Estrema punta dei Balcani, la Grecia è stata da sempre baluardo della libertà. Democrazia e libertà sono concetti nati e avviluppati all'essenza greca.
I recenti fatti – legati alla grave crisi economica – hanno sicuramente gettato ulteriormente un'ombra sul popolo greco e sulla civiltà che ha dato i natali all'idea di Europa. Nel Novecento e all'inizio del terzo millennio, il popolo greco, i giovani di Atene, sono stati almeno tre volte protagonisti di una strenua e fiera resistenza alla barbarie, alla tirannide, alla speculazione e al capitalismo sfrenato. Non è un caso che questa strenua e fiera resistenza sia stata mossa in difesa della democrazia e della libertà.
Nel 1943 il popolo greco resistette all'occupazione nazi-fascista.
Nel 1973 i giovani studenti ateniesi resistettero alla dittatura e alla vigliacca azione dell'esercito. Nel novembre del 1973 fu occupato il Politecnico di Atene.
Dal 2010 i greci lottano contro la crisi finanziaria, contro l'Europa della povertà, contro le banche che vogliono tutto, che vogliono la fame di un popolo.

«Nella Cronaca dei tre giorni si sottolinea enfaticamente più volte il fatto che i giovani siano inermi. Eppure, in un mondo in cui i biechi oppressori sembrano dominare incontrastati, sono essi i più forti. Sono, anzi, i soli ad essere armati, come sono i soli ad essere al posto giusto. La loro condizione di reclusi all'interno della «loro» Scuola non scaturisce da una forzata prigionia, ma è frutto di libera scelta. In effetti sono loro i veri uomini liberi in mezzo a tanti schiavi, più o meno mascherati. Sono anch'essi «liberi assediati», come i loro avi di Missolungi che avevano ispirato l'omonimo poema al poeta nazionale della Grecia moderna Dionisio Solomòs. E come i liberi assediati di Missolungi, anch'essi credono in un mondo di giustizia e di libertà, dove non può esserci spazio per tiranni e militari golpisti. Sono essi i liberi assediati di tutti i tempi e di tutti i luoghi, sempre pronti al supremo sacrificio contro il nemico di sempre, contro il fascismo di ieri e di oggi». [Vincenzo Rotolo, Introduzione, in Kostula Mitropulu, Cronaca dei tre giorni, Palermo, Sellerio, 1976, pp. 10-11]

La Cronaca dei tre giorni è la narrazione «libera» di Kostula Mitropulu. Libera perché in quei giorni di novembre il Politecnico di Atene si trasformò in una sola grande voce che reclamava libertà. Voce che chiama nella notte: «Libertà!». Una radio, una musica, un canto, una voce. «Non è qualcuno dei ragazzi; non è qualcuno che soffre; non è paura o dolore o freddo. È semplicemente una voce nella notte. Una voce che piange. Notte e pianto» [p. 20].
La Cronaca dei tre giorni è un canto e i suoi versi risuonano nella notte, nelle porte e nei ricordi:
«Gas lacrimogeni piangono come
possono al fine che sopraggiunge.
I ragazzi cantano.
Alcune ombre si sono dissolte
nella notte. Altre sono entrate.
Al buio si sono unite con le voci
dei ragazzi. Sono diventate subito un canto.
Un canto ben definito.
I 1.050 chilocicli hanno perduto
la parola. La voce esce da un altro punto.
Un punto nella notte. Un punto
nel tempo. Questa voce dice con fermezza:
"Ragazzi, non lanciate nulla contro di loro.
Accoglieteli con la frase - Soldati fratelli nostri".
La notte è piena di questo voto.
La notte è un voto. La notte è la voce
del ragazzo che parla sui 1.050. chilocicli.
La notte è la frase ripetuta dall'emittente.
La notte è una tacita alleanza con i cannoni
immobili e con i volti chiusi. La notte è una
e una sola. Non ci sarà una seconda notte
o un'altra ancora o comunque una qualsivoglia
notte, per correggere tutto ciò che di errato
o di inopportuno è avvenuto stasera.
La notte è l'unico testimone che possa
essere considerato degno di fede» [pp. 21-22, 24, 25]

Sembrano versi quelli scritti prima e invece sono le parole cariche di Kostula Mitropulu, l'autrice dell'opera. L'intento non è di dare un racconto dettagliato di quello che furono quei giorni di novembre del 1973. Mancano i nomi, mancano le cifre, i luoghi precisi. In quest'opera, che in quei mesi del 1973 e del 1974 circolò anonima in tutta Europa, è narrato il gesto dei giovani Ateniesi e l'emozione che guidò la mano e che temprò la voce, il coro, il canto.
La maledizione delle pagine di Kostula Mitropulu è di non essere, purtroppo, il racconto, il mito, la tragedia di una generazione di giovani nati e cresciuti sotto la dittatura dei Colonnelli. Il canto di libertà e il racconto dell'oppressione è identico ovunque, non ha lingua e nazionalità. Il 1973 è anche l'anno di Santiago: l'11 settembre 1973 veniva abbattuta la democrazia in Cile e nell'ottobre di quello stesso anno moriva la libertà. La libertà era portata via dalla carovana della morte. Scomparirono migliaia e migliaia di uomini, che avevano perduto la libertà e volevano semplicemente riconquistarla. Sempre allora, qualche anno dopo, nel 1976, nella notte delle matite spezzate scomparivano migliaia di studenti argentini. Studenti argentini, cileni, cinesi, ungheresi o greci? Studenti. Studenti che cantavano di libertà, che volevano la libertà.
Il canto di libertà non ha barriere nazionali per questo esso è voce di tutte quelle piazze: Tien an Men, Fontana, Tahrir, Taksim, Plaza de Mayo. E il Politecnico di Atene è la scuola Diaz di Genova o la caserma di Bolzaneto.
E dov'è la Siria? Dove sono i morti di Damasco? Cantano, insieme agli studenti greci, la libertà. Sempre.


Lorenzo Cusimano



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