Germaine Tillion,
Ravensbrück, Prefazione di
Tzvetan Todorov, Roma, Fazi Editore, 2012, 364 pp., (Campo dei Fiori, 009),
ISBN 9788864112558.
Germaine Tillion fu prigioniera politica nel campo di
concentramento di Ravensbrück. Arrestata nell’agosto del 1942 – in seguito alla
denuncia di un prete cattolico – per aver organizzato una rete di resistenza in
Francia, resterà in carcere fino al 1943, quando verrà tradotta nel campo di
concentramento a nord di Berlino.
È qui che inizia la straordinaria attività di
documentazione e di registrazione dati. Tillion, appassionata etnologa, riesce
a vivere l’esperienza drammatica della deportazione in modo duplice: come
vittima, prima di tutto, ma anche come studiosa appassionata, sempre alla
ricerca della verità. È probabile, come dice spesso lei stessa, che sia
sopravvissuta, all’orribile esperienza della deportazione, grazie al caso e
alla rabbia. È certo, invece, che si sia salvata grazie alla determinazione
della studiosa che ha il compito di testimoniare la realtà, anche quando questa
si rivela scomoda e dura da accettare.
Nasce così Ravensbrück,
un libro che descrive minuziosamente la vita nel campo di concentramento: le
torture psicologiche e fisiche, le privazioni, le brutalità degli esperimenti
del dottor Gebhardt; ma anche le miserie umane degli aguzzini, le loro
deformazioni, le innumerevoli contraddizioni delle loro vite: gente normale,
gente comune – dentisti, medici, ex tipografi, infermiere, ex impiegati – nessun precedente penale, nessuna infanzia
traumatica. Colpisce, nella descrizione minuziosa del personale fatta da
Tillion nel secondo capitolo [pp. 59-98],
scoprire come in molti casi – uno fra tutti quello di Rudolf Höss,
comandante di Auschwitz – si tratta di gente cattolica credente e praticante,
scrupolosa, seria e che ha educato i figli secondo i ‘buoni principi’.
Dunque «i mostri sono uomini» [p.88] e pertanto nessun
popolo può dirsi a riparo da un disastro morale di tale portata. Forse è
proprio questo il nodo centrale attorno al quale si svolge la testimonianza di
Tillion: la certezza che nessuno può sentirsi immune da tali atrocità. In
effetti la storia non smentisce la studiosa. I campi di concentramento, la
tortura, le violenze e la brutalità non si esauriscono con l’olocausto, ma
continuano a macchiare la storia dell’umanità, anche successivamente, in tempi
più recenti. Passeranno solo una trentina d’anni, infatti, prima che altre
Auschwitz, sconvolgano Cile e Argentina, durante gli anni della dittatura
militare. Alla base delle violenze emerge, come sempre in questi casi, un vero
e proprio delirio semantico: ‘materialisti, atei, nemici dei valori occidentali
e cristiani’, in nome del quale è possibile giustificare l’orrore.
Se ai tempi di Filippo II la limpieza de la sangre comporta la brutale caccia ai conversos e ai moriscos, in nome della stessa visione allucinata della società si
compie lo sterminio degli ebrei, dei disabili, degli zingari e degli
omosessuali.
Quasi sempre, però, il sonno della ragione viene fuori
dall’esitazione del potere civile, dall’incapacità dei governi di dare risposte
alla disperazione dei cittadini. Ed ecco lì l’uomo forte, pronto a trionfare
grazie alla solerzia nello scovare il capro espiatorio, la causa su cui
riversare tutti i mali del proprio Paese.
Verrebbe proprio da dire che è l’uomo il peggiore
nemico dell’uomo. Non è un caso che questa frase venga ripetuta, più volte, dal
Dio mendicante interpretato da Alessio Boni, nello spettacolo di Valerio
Binasco – in scena proprio in questi giorni nei più importanti teatri italiani
– che ci racconta l’incontro tra Freud (bellissima e intensa interpretazione di
Alessandro Haber) e Dio ai tempi dell’occupazione nazista.
Nessuno, dunque, può salvare l’uomo da se stesso,
nemmeno Dio, al quale non è concesso interferire col libero arbitrio. C’è chi
però, con la propria testimonianza, può aiutare a non dimenticare l’orrore,
nella speranza che la disperazione e la brutalità, l’odio e la tortura, il
sangue e la morte, possano continuare ad indignare, allora come oggi e dappertutto.
Perché non accada mai più.
Il testo è corredato da un utilissimo apparato di Note [pp. 343-357] e da una Bibliografia [pp. 359-364].
Alessandra Mangano
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