Guglielmo
Scoglio, Enigmi siciliani. L’Artemisio, Démena, Il Cenacolo di Monforte,
Firenze, Phasar Edizioni, 2013, 171 pp., ISBN 978-88-6358-205-5.
Monforte
San Giorgio, piccolo comune della provincia di Messina che conta quasi 3000
anime. Un paesino siciliano che, come tanti altri, nasconde tra le sue vie e
nelle parole degli abitanti più anziani una storia antichissima e
“romanticamente” attraente ed emozionante, che non deve essere dimenticata. Che
non può essere dimenticata. Questo è l’obiettivo di Enigmi siciliani, scritto da Guglielmo Scoglio, intellettuale
messinese, ex docente oggi in pensione, monfortese di nascita. Ma non solo, il
testo vuole essere, per esplicita ammissione dell’autore, un omaggio all’intera
famiglia Scoglio, che nel 2013 festeggia il bicentenario della propria presenza
nel comune della Valle del Niceto.
Il
volume si articola in quattro parti: le prime tre trattano di tre enigmi legati al territorio di Monforte
San Giorgio, ossia l’ubicazione del tempio di Diana Facelina, del sito
dell’antico castello chiamato dagli arabi Dmns,
e dell’ultima Cena, splendida scultura marmorea presente nella Chiesa Madre di
Monforte. L’ultimo capitolo è costituito, invece, da una breve ricostruzione
della storia della famiglia Scoglio, da cui viene fuori «un ricordo dei suoi
più recenti membri da cui risalta il loro amore per il Paese natio» [p. 5].
Mentre
i primi due enigmi erano già stati trattati dall’autore in precedenti libri – e
qui ripresi e sviluppati nuovamente alla luce dei nuovi studi pubblicati – il
terzo rappresenta un “inedito” e, a parer nostro, particolarmente interessante.
L’autore,
dopo aver ricostruito dettagliatamente il periodo storico in cui la scultura
vede la luce – il XVI secolo, “periodo d’oro di Monforte” [p. 94] – passa ad
analizzarne la struttura generale: egli riscontra nel punto focale di tutta
l’opera, l’eucaristia, la realizzazione piena ed esemplare delle direttive del
Concilio di Trento. Nella sua particolarità e complessità l’altare – continua
l’autore – non era fruibile ai fedeli in tutte le sue parti e quindi,
probabilmente, la scultura veniva spiegata dai sacerdoti. Lo scrittore prosegue
con la descrizione minuziosa di ogni singolo elemento, scolpito e dipinto, e
quindi con la “prepotente” simbologia che gli sta dietro. Prima di dedicarsi
alla descrizione della genesi dell’opera e a ipotizzarne i probabili artefici,
Scoglio confronta la cappella del SS. Sacramento, in cui l’altare è contenuto,
con l’omonima e contemporanea della Basilica di S. Giovanni in Laterano a Roma.
L’enigma su cui ci si concentra riguarda una parte dell’altare, ossia il
Cenacolo: viene ipotizzato, infatti, che questo era stato originariamente
realizzato per un’altra sede e solo successivamente dirottato a Monforte. I
motivi di questo dirottamento erano legati a doppio filo con la finalità
celebrativa di questa scultura: essa era stata progettata, infatti, in ricordo
della battaglia di Lepanto, per ricordare i cavalieri che avevano difeso la Cristianità.
Questa tradizione, che si richiamava ai Cavalieri Templari, era considerata
esoterica e rifiutata dalla Chiesa ufficiale.
Un
testo nel complesso molto interessante, che ci fa venir voglia di visitare i
luoghi narrati e di osservarne direttamente i capolavori descritti che celano
gli enigmi. Da notare due
caratteristiche: nell’introduzione ad ogni enigma
Scoglio si pone degli interrogativi a cui si propone di rispondere durante la
trattazione; apprezzabile traduzione di alcune parti del libro a cura di Denise
Schiattarella.
Vincenzo
Bagnera
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