Daniel
Evan Weiss, Gli scarafaggi non hanno re, traduzione di Bruno Amato, Milano,
Feltrinelli, 2010, 242 pp., ISBN 978-88-07-81607-9.
Probabilmente,
se non fosse stato per il consiglio di un amico, questo libro non lo avrei mai
letto. Sì. E pensare che nel corridoio di casa mia, dove sono posizionati buona
parte dei libri di mia madre, ci sarò passato davanti milioni di volte. Mi
sarei perso un capolavoro.
Questo
libro racconta la storia della tranquilla vita di una banda di scarafaggi, che
viene sconvolta dall’arrivo della fidanzata del proprietario dell’abitazione,
ossessionata dalla pulizia. A questo punto iniziano le mille peripezie dei
poveri insetti per sfuggire alla quasi certa estinzione. Si viene a ribaltare, quindi, ogni schema
tradizionalmente e convenzionalmente fissato: quelle bestioline, facili prede
del nostro orrore, diventano gli eroi, mentre gli esseri umani si trasformano
in carnefici irrazionali. Tutto ha ovviamente lo scopo di simpatizzare –
“blattofobici” compresi – con degli esseri che, per nostra natura, detestiamo.
Peccato
che nessun blattofobico prenderebbe mai in mano un libro sulla vita di uno
scarafaggio.
L’autore
vuole mettere in evidenza, a tutti i costi, la crudeltà degli uomini e, di
conseguenza, la scrittura si adatta subito a questo punto di vista: una
scrittura rapida, sprezzante, incisiva e cruda. Spesso sembra quasi che l'autore
stesso inserisca punte di insensato razzismo e, per tale ragione, il libro
diventa a tratti frustrante. Lo scrittore tratteggia lo scarafaggio
protagonista, Numeri, in maniera magistrale, riuscendo ad ottenere una perfetta
mimesi del modo in cui questi insetti pensano e sentono il mondo circostante. Il
racconto è insieme divertente e inquietante e, probabilmente, la prossima volta
che sentirete l’istinto di schiacciare qualche insetto a casa vostra ci
penserete due volte…
Vincenzo
Bagnera
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