Rita Borsellino, Fare memoria. Per non dimenticare e per capire, a cura di Laura
Soletti, Lucca, Maria Pacini Fazzi, 2002, 64 pp., 978-88-7246-548-6.
In questo libro viene proposto
l’intervento di Rita Borsellino all’incontro per la legalità, organizzato a
Lucca dal Ce.I.S. – Gruppo “giovani e Comunità”, al quale la sorella del
magistrato ha partecipato con grande motivazione.
Dopo
una breve introduzione di Laura Soletti, dove viene ripercorso il terribile
periodo delle stragi del ’92, Rita Borsellino è preceduta da una breve
presentazione di Massimo Toschi, docente di Storia e Filosofia presso il Liceo
scientifico Vallisneri di Lucca, che conobbe la Borsellino nel 1997, in
occasione di un altro incontro tenutosi sempre a Lucca: “In memoria di Giovanni
Falcone: la fatica della legalità”.
Rita Borsellino comincia il suo
intervento ricordando la sua famiglia, i suoi quattro fratelli e raccontando
come la sua vita sia cambiata totalmente da quel 19 luglio 1992. È da quel
giorno, infatti, che decide di assumersi la responsabilità di «portare avanti la memoria di
Paolo» [p. 9]. Ricorda
come quest’ultimo fu il più giovane magistrato d’Italia a soli 24 anni. Ma
allora, erano gli anni ’60, di mafia forse non se ne sentiva nemmeno parlare e
non perché non ci fosse, ma semplicemente perché ad alcuni faceva comodo così.
E anche lo stesso magistrato si “rimprovera” in una lettera che diventerà il
suo testamento spirituale per le future generazioni: «sono ottimista, perché so che
questi giovani avranno domani una consapevolezza ben diversa dalla colpevole
indifferenza che io mantenni fino ai quarant’anni.» [p. 18].
Questo è un passaggio della risposta, scritta proprio la mattina del 19 luglio 1992, a una lettera che gli
era stata inviata da una scuola padovana.
Poi
la memoria sulla vita blindata di Paolo perennemente in pericolo e di come
questo, insieme con un gruppo straordinario di colleghi – il pool antimafia
coordinato da Antonino Caponnetto – sia riuscito a scardinare la micidiale
macchina da guerra chiamata Cosa Nostra, con l’aiuto di “pentiti” del calibro
di Tommaso Buscetta.
Infine,
il doveroso e bellissimo ricordo dei ragazzi della scorta che hanno avuto il
merito di proteggere, fino all’ultimo giorno, Giovanni Falcone e Paolo
Borsellino: «sono
delle persone che hanno offerto la loro vita perché la nostra democrazia
potesse restare tale» [p. 32].
Biagio
Bertino
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