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sabato 5 ottobre 2013

Storia di un corpo



Daniel Pennac, Storia di un corpo, Milano, Feltrinelli, 2012, 352 pp., ISBN 978-88-0701-921-0

Storia di un corpo è – nella recita che Daniel Pennac ha imbastito con la complicità del lettore – il diario non quotidiano che un uomo ha tenuto del proprio corpo e lasciato post mortem alla figlia. Il diario di un corpo e della sua fisicità – «non un diario intimo, figlia mia, sai quante riserve ho sul resoconto dei nostri mutevoli stati d’animo» [p. 9] – ma proprio una registrazione delle sensazioni che il nostro corpo trasmette fisicamente. Inizialmente poco attratto da questo titolo, ho deciso di acquistarlo per una rara (per me) forma di suggestione: entrato in libreria, infatti, ho aperto questo tomo in offerta e, scegliendo a caso una pagina, mi sono trovato di fronte il giorno della mia nascita. Incuriosito, l’ho letto e, sebbene non sia una giornata memorabile per il protagonista, ho scelto di acquistarlo e ora voglio recensirlo e consigliarlo a tutti perché nessuno perda l’occasione di leggere queste pagine solo perché meno fortunato di me nel trovarvi una data simbolica.
Con la trovata del diario di un corpo altrui, Pennac imbastisce un racconto di ciò che più ci accomuna: il nostro crescere, trasformarci e invecchiare (non so che effetto farà a una donna ma per un uomo l’immedesimazione è fortissima, e sarebbe bello se un giorno un’autrice donna, brava come Pennac, volesse scrivere un libro speculare a questo). Vedere cambiare la nostra interfaccia con il mondo, mutare le nostre sensazioni, scoprire i piaceri e le differenze tra sé e gli altri, il dolore fisico di una perdita perché – e questo è per me il grande segreto del libro – la dicotomia tra anima e corpo non esiste! Raccontando una vita tramite le sensazioni corporee – dalle gioie infantili, alla scoperta del sesso, alla malattia e alla vecchiaia – Pennac ci mostra come tutti i nostri sentimenti e le sensazioni risiedano nel nostro fragile contenitore, mettendo a nudo la vacuità della distinzione tra corpo e mente – o corpo e anima se preferite – che vivono insieme in ogni pagina di questo diario, che parla del corpo e, contemporaneamente, illustra i nostri sentimenti, desideri, valori.
Molto altro ci sarebbe da dire e non tacerò la trovata delle note alla figlia, che rende il tempo del racconto più breve e fruibile, risparmiando ai lettori i periodi di stasi della crescita corporea, o l’invenzione di Dodo, perfetto esempio di come il nostro corpo altro non sia che un’estensione della nostra mente che lo percepisce e di come la nostra mente d’altro non si nutra che di ciò che dal nostro corpo le giunge.
Consiglio questo libro a tutti, sia per godere della felice vena creativa di Pennac (un piccolo gruppo di partigiani che sarebbe stato bene nel suo ciclo Malaussene ci consola con un po’ di già visto) sia perché l’esperienza qui raccolta ne fa un classico d’oggi, che sarà, credo, capace di parlare per generazioni agli uomini. Un solo avvertimento, se temete di invecchiare o vi credete invincibili ai mali del corpo non leggete questo libro, o vi scoverete i primi segni del vostro essere “solo” umani.

Bartolo Megna



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