Sergio Algozzino, 10 giorni da Beatle, Latina, Tunuè, 2013, 96 pp., ISBN
978-88-97165-64-4.
«Improvvisamente
capii il perché di tutta quella follia: quei quattro ragazzi
avevano un potere, una sorta di empatia al
contrario. Riuscivano a trasmettere
qualcosa oltre la musica, un sano divertimento
che condividevano
tra
loro come se fossero un'unica entità» [p. 27]
Parlare di romanzo a fumetti (o graphic novel)
è sempre complicato. Primo, perché non è detto che tutti conoscano la differenza
con un maxialbo delle grandi parodie Disney; secondo, perché qualcuno pensa
alla riduzione "per bambini" di libri "per adulti"; terzo,
perché un pennino a china non è un pennello né una penna, e quindi l’opera
viene liquidata spesso con "è solo un fumetto".
Tuttavia c’è anche un pubblico di lettori che in
libreria ripone l’Amleto di Gianni De Luca accanto al testo di
Shakespeare e Milo Manara accanto a Jorge Amado (si dice che spesso si
raccontino storiacce di donne). Io le opere di Sergio Algozzino le custodisco
fra le monografie artistiche. Avere fra
le mani Ballata per Fabrizio De Andrè o 10 giorni da Beatle è
come leggere la storia delle anime dei due protagonisti, e i cenni biografici
sono quasi marginali.
È affascinante vedere la speculare inversione della
voce narrante: se Fabrizio è raccontato da una girandola di suoi personaggi,
rimanendo il perno muto e invisibile, Jimmie Nicol racconta in prima persona il
vortice fantasmagorico che lo travolse nel 1964, quando si trovò per 10 giorni
in tour con i Beatles, a sostituire il malato Ringo Star.
L’apice della beatlesmania, un fenomeno di
costume che travolse Oriente ed Occidente, è raccontata dall’interno da un
protagonista che stenta a credere a ciò che gli succede, e quasi si sente
spettatore. Per timidezza infatti Nicol non riuscirà per giorni a guardare
negli occhi "i Beatles", entità senza volto che solo con sforzo,
infine, "vede" prendendo confidenza. Quando Jimmie torna alla realtà
della sua piccola vita, capisce che la grande avventura lo ha cannibalizzato.
In lui si alternano rabbia, nostalgia, disperazione, rassegnazione;
l’accettazione finale è catartica: meglio esserci stato per poco, che non
esserci stato affatto.
Sergio Algozzino varia tratti e campiture, punti di
vista e ritmi, in una regia magistrale, che rende quasi superfluo il dialogo:
parlano gli occhi, le mani, persino i non-volti. Poi parla tanto anche
l’Autore: com’è sua abitudine, in appendice alla storia aggiunge Qualche
nota a margine [pp. 91-94], dove commenta i vari episodi, li dettaglia, li
spiega. In alcune note lo si sente sorridere, in altre sghignazzare
apertamente. Se leggendo traspariva la passione dell’estimatore, ora si scopre
lo studio professionale nell’accuratezza delle ricostruzioni, nella
documentazione di ogni dettaglio.
Al grande curriculum d’esperienza artistica
(disegnatore per la Panini Comics, collaborazioni internazionali, docente alla
Scuola del Fumetto di Palermo, art director del magazine Mono, vincitore
del Premio Francisco Solano Lòpez ad Etnacomics 2013, etc.) unisce
grande passione musicale – è musicista egli stesso – e dunque si capisce perché
nel verso di frontespizio compaia fra i ringraziamenti:
«A mio fratello, per avermi fatto ascoltare I
Want to Hold your Hand».
Eloisia
Tiziana Sparacino
Abbiamo incontrato Sergio Algozzino il pomeriggio
della presentazione ufficiale del libro, il 2 Luglio al Nautoscopio di Palermo,
parlandogli subito prima che salisse sul palco del concerto/tributo ai Beatles
che è proseguito per ore. La videointervista completa la trovate al link: http://youtu.be/Rm6qrPm400M
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