Giorgio Bassani, Il giardino dei
Finzi-Contini, Milano, Mondadori, 1976, 350 pp.
Il giardino
dei Finzi-Contini è un libro sorprendente, di cui non posso che
consigliare la lettura. La storia è
ambientata nella comunità ebraica della città di Ferrara, in piena epoca
fascista. Ma i temi legati all'olocausto, alle leggi razziali e alle
persecuzioni attuate dal regime, pur presenti, restano sullo sfondo. Quello di
Giorgio Bassani è, come affermato da ben più illustri recensori, “uno
straordinario romanzo d'amore”. Bassani riesce, in maniera mirabile, a
sviscerare – cogliendo anche le più sottili sfumature – tutti i tormenti e le
agitazioni, le dolci aspettative, repentinamente mutatesi in amare
disillusioni, dell'amore non corrisposto di un uomo per una donna. La
narrazione, sotto forma di racconto fatto al lettore dal protagonista,
ripercorre nascita, crescita, apice e progressivo disfacimento di una storia
d'amore che rimarrà solamente nei suoi desideri. Del narratore non viene mai
fatto il nome; si tende ad identificarlo con lo stesso autore del romanzo,
nonostante di ciò non vi sia mai stata conferma. Il suo sentimento per la
coetanea Micòl, appartenente alla ricca famiglia dei Finzi-Contini, nasce nella
prima infanzia. Gli ammiccamenti preadolescenziali negli sporadici incontri al
tempio. Il primo dialogo, per sempre scolpito nella memoria di lui. Una più
assidua frequentazione nell'età degli studi universitari ed una sempre maggiore
confidenza raggiunta con le quotidiane partite a tennis nella magna domus dei Finzi-Contini (in
seguito alla cacciata degli italiani di sangue ebraico dal circolo cittadino)
condite da romantiche passeggiate a due. Il 'giardino' assurge a simbolo dei
momenti più felici vissuti dal narratore insieme alla ragazza; come dei suoi sogni
infranti. Il luogo in cui ciò che poteva essere, mai sarà.
Quello degli attimi non colti, delle parole non dette
è uno dei temi portanti del romanzo. L'autore lo orchestra magistralmente in
maniera da appassionare il lettore che, avendo magari vissuto situazioni
simili, finirà per provare le medesime ansie e sofferenze del narratore. Gli
sbalzi d'umore; il fatuo ritorno nei luoghi di una fugace ed illusoria
felicità; gli attacchi di panico per il nuovo fatidico incontro; la stretta
allo stomaco della gelosia; l'irruenza e l'ostinazione post rifiuto. Il
susseguirsi degli stati d'animo e dei comportamenti del protagonista potrebbero
considerarsi un vero e proprio manuale del mal d'amore.
Cuore pulsante del romanzo è lei, Micòl Finzi-Contini,
definita «una delle figure più affascinanti e inafferrabili della letteratura
italiana».[1] Piacente
d'aspetto (Bassani non si dilunga mai in descrizioni fisiche), volubile e
viziata ma allo stesso tempo sensibile ed affettuosa, piena di stranezze e
bizzarrie, dotata di un carattere focoso, costantemente in bilico tra il timido
ed il disinvolto. Certamente non lascia indifferenti i lettori. Consci del suo
tragico destino, sin dall'inizio del romanzo sappiamo che la sua esistenza –
come quella di gran parte della famiglia Finzi-Contini – terminerà in un campo
di sterminio tedesco e siamo, forse, per questo più inclini a giustificare ed a
perdonarle le sofferenze che il suo indecifrabile comportamento infligge al
narratore. La mutevolezza di Micòl è, in definitiva, quella delle relazioni
umane la cui aleatorietà è un'altra delle tematiche toccate nel romanzo.
Bassani tesse un complesso gioco delle parti tra le
quattro persone che frequenteranno fino alla fine la dimora dei
“Finzi-Contini”. Insieme al protagonista, ed a Micòl, vi sono il malaticcio ed
apatico Alberto Finzi-Contini (quasi una versione in negativo fotografico della
sorella minore) ed il burbero chimico Giampiero Malnate, amico di vecchia data
di Alberto, nonché altro personaggio controverso e di difficile inquadratura. I
rapporti esistenti tra loro non appaiono mai del tutto chiari e gli
“schieramenti” iniziali saranno continuamente sovvertiti. Fino al malinconico
finale in cui aleggerà il dubbio sul reale legame esistente tra Micòl e lo
stesso Malnate.
La sensazione di dolce amarezza che il romanzo può
lasciare è già da sola motivo valido per avventurarsi nelle sue pagine. E
varcare – sotto lo sguardo vigile del portinaio tuttofare Perotti ed
accompagnati dal gigantesco cane danese Jor, veri e propri testimoni silenziosi
della storia – il cancello del 'giardino'. Potremo così scoprire che, nei
giorni che resteranno tra i più bui della nostra storia, nei luoghi che ne
furono testimoni, si poteva soffrire anche per amore. Quello più vero, intenso
e, in quanto mai appagato, eterno.
Girolamo
Accardi
[1] Così Marilyn Schneider nel saggio Dimensioni mitiche di Micòl Finzi-Contini
in appendice al libro stesso.
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