Chuck Palahniuk, Ninna nanna, Milano, Mondadori, 2011, 273 pp., ISBN
978-88-04-54997-0.
Chuck Palahniuk è uno degli autori più amati
dai giovani, della mia generazione e non solo. Il motivo? Presto detto. La sua
scrittura riesce ad affascinare e ammaliare, ma allo stesso tempo crea nel
lettore una sorta di crisi interiore e di riflessione profonda sulla
degenerazione della società contemporanea. Tutto ciò non seguendo lo stereotipo
dell’artista presuntuoso e saccente, intellettualmente impegnato e gonfio di
cultura accademica, ma come un uomo che sembra aver attinto a piene mani - per
creare quelle immagini orride, atroci e irrealmente agghiaccianti - dalla vita
vissuta.
Ninna nanna,
pubblicato per la prima volta nel 2002 col titolo originale di Lullaby, è la storia di Carl Streator
che di mestiere fa il giornalista. Lavora per una modesta testata e ha il
compito di indagare e scrivere riguardo alle morti infantili. Durante queste indagini
si rende conto che nelle culle dei neonati defunti c'è un libro, sempre lo
stesso, aperto sempre alla stessa pagina. Qui è stampata una ninna nanna: nella
maggior parte dei casi una ninna nanna è una canzone rilassante, che ha lo
scopo di aiutare un bambino a dormire, ma nelle mani di Palahniuk si trasforma
in un incantesimo mortale che può uccidere chiunque. A questo punto comincia il
“viaggio” di Carl che decide di voler distruggere tutte le copie di questo
testo: in questo percorso incontra una serie di eccentrici e psicologicamente
tortuosi personaggi, tutti interessati al misterioso libro per diversi e
svariati motivi, fino ad un imprevedibile e “fantastico” finale…
Quando
si prende in mano un libro di Palahniuk si sa che si sta per immergersi di
botto in un torrente di assurdità e orrore che ti fa ridere anche quando, leggendo,
provi profondo disgusto. Sembrerebbe brutto dire che Ninna nanna sia scontato e “di maniera”, ma se hai letto qualcuno
dei suoi libri, hai già una vaga idea di cosa ti aspetta.
Vincenzo
Bagnera
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