Natsume Sōseki, Io sono un
gatto. Romanzo, traduzione dal giapponese e note a cura di A.
Pastore, Roma, BEAT,
2010, 479 pp. (Biblioteca editori associati di tascabili, 9) ISBN 978-88-6559-022-5.
Se io fossi un gatto, forse mi preoccuperei di descrivere le cose che mi
circondano, gli affari del mio padrone, ed avendo io stessa due gatti, devo
dichiararmi con onestà curiosa di sapere come appaiono le cose e le mie
faccende ai loro occhi.
Evidentemente gli stessi crucci e pensieri occupavano la mente dello scrittore
di questo romanzo giapponese di inizio secolo XX, Natsume Sōseki.
Natsume Sōseki –pseudonimo di Kinnosuke
Natsume (1867-1916) – è considerato il più grande esponente della
letteratura giapponese del secolo moderno e per comprendere a pieno tale
narrazione occorre conoscere qualche breve passo della sua vita. Nato ad Edo,
antico nome di Tokyo, è il quinto figlio di un funzionario della Pubblica
Amministrazione. Vive appieno l’epoca Meiji
(1868-1912), durante la quale il Giappone attraversa una fase di grande
transizione, difatti da qualche anno erano cominciate l’influenza e la
contaminazione del mondo occidentale, inquinando il passato e gli usi
dell’antica tradizione conservatrice giapponese e sconvolgendo in poco tempo
anche le principali strutture sociali ed economiche.
Sebbene all’inizio del romanzo non sia ben chiaro l’intento dell’autore,
poiché osservazioni feline si mischiano a consuete scene di vita familiare del
protagonista e della sua famiglia, con ricorrenti voli pindarici che fanno
spesso perdere di vista il filo della narrazione, si arriva ad un punto in cui
tutto diviene chiaro e scorrevole, anche frasi e citazioni che potrebbero
apparire inserite a casaccio.
Ogni frase è ponderata e scritta con un intento preciso, nulla è lasciato
al caso.
L’invadenza e la prepotenza del mondo Occidentale sono protagoniste
dell’intera narrazione, accanto ai reali protagonisti che sono le amicizie, la
famiglia ed il vicinato del professore, protagonista principale del romanzo; un
professore egocentrico e per certi versi originale, personaggio burbero ma
simpatico, con manie e convinzioni, un uomo che si trova spesso combattuto
dall’inamovibilità dell’essere fedele alle tradizioni orientali e dalla
curiosità di voler non solo conoscere, ma anche praticare le abitudini
occidentali, che non perde mai occasione di criticare durante gli incontri con
i suoi amici di sempre.
Pettegolezzi, massime, vicende notturne di ladri ed inseguimenti di topi
fanno da cornice alle vicende quotidiane, le quali finiscono per divenire quasi
proprie del lettore, talmente alto è il livello di descrizione; sembra di
incontrare i personaggi del romanzo per strada, o in fila alla posta, o facendo
una passeggiata nel parco, ritrovandosi frequentemente a dire tra sé e sé: «Quell’uomo rassomiglia a Meitei»; o ancora: «Di certo Tōfū avrà avuto questa faccia»; il libro
continua ad accompagnare il lettore anche al di fuori della lettura.
Il gatto osserva e partecipa alle normali scene di vita quotidiana,
alternando la narrazione delle vicende degli uomini all’azione delle sue personali.
Durante la lettura di tutto il volume sembra di essere ospiti e partecipi
delle riunioni e delle discussioni del professore, e viene la voglia di poter
essere in grado di dire la propria, di partecipare al dialogo con loro, ma, al
pari del gatto, dobbiamo limitarci ed accontentarci del ruolo di
osservatore-lettore. Noi siamo il gatto.
Basta, insomma, aprire il libro per andare a trovare dei vecchi amici,
dei quali si conoscono pensieri ed abitudini, sensazione che permane invariata
fino alla fine del testo, quando tutto tace ed è solo il silenzio ad occupare
una stanza ormai lasciata vuota.
Wagahai wa neko de aru (Io sono un gatto), è un ottimo romanzo, spensierato, che
lascia spazio a molti spunti e riflessioni.
Sōseki muore prematuramente di ulcera duodenale nel 1916 a soli
49 anni, il suo ritratto è stato stampato sulle banconote da 1.000 yen, emesse
dal 1984 al 2004; ci ha lasciato tanti altri romanzi di altrettanto spessore e
rilievo, tra cui: Guanciale d’erba, il cuore delle cose e Il signorino, tutte edite da Neri Pozza.
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