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giovedì 5 giugno 2014

La carta più alta

Marco Malvaldi, La carta più alta, Palermo, Sellerio, 2012, (La memoria; 875), 198 pp., ISBN 88-389-2608-5.

Un libro si compra perché è un must di stagione e lo hanno letto tutti, e non puoi sfigurare con il tuo parrucchiere. O perché piace la copertina, perché è scritto bene, perché ha una bella trama, perché te lo raccomanda qualcuno, o perché…sì.
Questo libro non è (per ora) un obbligo sociale, però appartiene alla collana ‘La memoria’ della Sellerio, con la grafica minimalista colorata che piace sempre, e sta comunque bene sul tavolinetto fiancodivano. Motivazione anche frivola, dite? Se non bastasse l’autore, Marco Malvaldi ha evidentemente letto tanto – e bene! – di filosofia e letteratura, ma la sua scrittura chiara e discorsiva è leggibile e godibile ‘a strati’, dal ragazzo al lettore smaliziato. La citazione di striscio, la metafora palese, l’aggettivazione talvolta colta alternata al linguaggio informale, ma mai pesante, creano il piacere intellettivo anche della ‘caccia al tesoro’ e del rimando evocativo.
La trama è accattivante: nella provincia toscana, al tavolinetto sotto l’olmo del classico baretto in centro, quattro arzilli vecchietti si riuniscono quotidianamente a giocare, fumare, sparlare e bere con buona pace del barrista Massimo. Ed è con gli occhi di quest’ultimo che viene raccontata, ironicamente e spietatamente, la quotidianità cittadina: la vicina Gorgonoide («un comodino di un metro e cinquantacinque con una ghigna da incrinare i vetri, che presumibilmente non aveva mai salutato nessuno in vita sua: una cosa antropomorfa di aspetto gretto», p. 13); la ex che ritorna («la mai troppo rimpianta banconista, Tiziana dai capelli ramati e dalle puppe spettacolari», p. 12); i litigi degli irriducibili vecchietti nonno Ampelio, il Rimediotti, il Del Tacca e Aldo («A parte Aldo, tutti gli altri giovincelli hanno da tempo festeggiato il ‘doppiaggio’, ovvero il fatto di aver passato più anni in pensione che a lavorare: una di quelle tradizioni italiche d’altri tempi che piano piano sono destinate a sparire, nonostante l’aumento della durata della vita media», p. 23).
Loro sono stati già protagonisti delle opere precedenti di Malvaldi: La briscola in cinque (2007), Il gioco delle tre carte (2008), Il re dei giochi (2010), sempre per i tipi di Sellerio. Anche qui, con battute, indiscrezioni e critiche corrosive, sono loro la vera fonte di notizie che permettono a Massimo, immobilizzato in ospedale, di ricreare e dipanare il mistero di un giallo che ha sconvolto la pace della città. La tecnica ‘investigativa’ sarebbe la più classica, quella deduttiva, britannica e razionale di Poirot e Holmes, se solo non fosse così intrisa di italianità, e l’empatia scatta immediata.
Se ancora questo libro non ve lo ha consigliato nessuno, rimedio io: è vivace, intelligente, spiritoso, mai becero né volgare. E se ancora volete sapere perché leggerlo: perché sì.


Eloisia Tiziana Sparacino



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