Andrea Camilleri,
La scomparsa di Patò, Milano,
Mondadori, 2000, 253 pp., ISBN 978-88-04-48412-8.
21 marzo 1890, Venerdì santo.
A Vigata si sta svolgendo la sacra
rappresentazione comunemente chiamata “ Mortorio”.
Vi partecipa , nel ruolo di Giuda, il ragioniere
Antonio Patò, stimato direttore della locale “Banca di Trinacria”.
Finita la rappresentazione, di Patò si
perdono le tracce.
Scomparso.
Si mette quindi in moto un microcosmo deputato alla
risoluzione del caso.
Si mettono in moto anche altre componenti:
burocrazia, poteri politici, convenzioni sociali, desiderio di rispettabilità,
ambiguità comunicative...
Non è altro che un’indagine, potremmo
concludere; Camilleri ci ha abituati al metodo di lavoro di Montalbano.
Ma qui Camilleri si diverte sfacciatamente,
mostrandoci per quali vie, spesso contorte, perverse e contrarie al più elementare buonsenso, si può procedere.
Per carità, nessun giudizio ...
Alla verità, nonostante tutto, si arriva
sempre. Prima o poi.
Ma la verità deve essere “politicamente
corretta” e perciò si procede a cambiare
le carte in tavola.
Della scomparsa di Patò viene data la
versione che tutti si aspettano: un malaugurato incidente, niente da ricondurre
alla volontà dell’integerrimo funzionario, marito amorevole e padre responsabile
di lasciarsi trascinare dal vortice della passione …
La particolarità del romanzo sta nel fatto
che esso è stato costruito sulle “carte”. E sì, è tutta una raccolta ordinata e
sapiente di documenti scambiati tra rappresentati delle istituzioni, personaggi
autorevoli, professionisti (questore, carabinieri, prefetto, giornalisti,
direttore di filiale, un primario, un sottosegretario di stato, un avvocato, un
capo di gabinetto del ministro dell’interno, …).
Chi legge deve compiere diverse operazioni
interessanti: cercare le connessioni tra i vari documenti, chiedersi il reale
significato di alcuni messaggi più o meno ufficiali,scoprire che lo stesso
concetto può essere espresso con vari registri..
Non è affatto una lettura banale.
Bisogna essere molto vigili.
Non lasciarsi mai prendere in giro.
E … soprattutto … stare al gioco!
E pensare che tutto nasce da un
involontario suggerimento di Leonardo Sciascia, in A ciascuno il suo:
“Cinquant'anni
prima, durante le recite del “Mortorio”, cioè la Passione di Cristo secondo il
cavalier D'Orioles, Antonio Patò, che faceva Giuda, era scomparso, per come la
parte voleva, nella botola che puntualmente, come già un centinaio di volte tra
prove e rappresentazioni, si aprì: solo che (e questo non era nella parte) da quel
momento nessuno ne aveva saputo più niente; e il fatto era rimasto in
proverbio, a indicare misteriose scomparizioni di persone e di oggetti”.
Giusi Trupia
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