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domenica 5 maggio 2013

Gang bang



Chuck Palahniuk, Gang bang, Milano, Mondadori, 2011, 208 pp., ISBN 978-88-04-59112-2.


Irriverente, scandaloso, crudo, politicamente scorretto, immorale, sfacciato. Tutto questo è Chuck Palanhiuk, scrittore e giornalista statunitense, autore di una serie di romanzi di grande fortuna come, tra gli altri, Fight Club (1996), Soffocare (2001) e Cavie (2005).
Gang bang, pubblicato per la prima volta nel 2008, racconta la storia della leggendaria, nonché attempata, pornostar Cassie Wright e della sua colossale impresa, con la quale vuole concludere la sua più che decennale carriera: una enorme gang bang (pratica sessuale in cui un soggetto, di sesso maschile o femminile, svolge attività sessuali con una moltitudine di partner, ndr) che ha lo scopo di polverizzare il precedente record mondiale. Ripresa dalle telecamere, l’attrice ha infatti come obiettivo di fornicare con 600 uomini. Il filtro attraverso cui tutto è raccontato è quello di quattro personaggi: N. 72, uno studente, che sostiene di essere il figlio legittimo di Cassie; N. 137, vecchio attore, caduto nel dimenticatoio, che ricerca disperatamente una seconda chance per il rilancio televisivo; N. 600, noto come Branch Bacardi, attore veterano dell’industria pornografica; Sheila, l’assistente tuttofare di Cassie.
La narrazione degli eventi è resa ancora più interessante da alcuni colpi di scena: in primis, Cassie vorrebbe morire durante le riprese del film, cosa che renderebbe lei stessa immortale nel tempo e la pellicola un cult mondiale. Leggendo si scopre inoltre che la Wright, durante le riprese del suo primo film concepì un figlio, subito dopo abbandonato: a questo figlio lei adesso vuole donare gli introiti del lungometraggio che sta girando. Ma chi sarà questo figlio? Sarà uno dei quattro protagonisti?
Gang bang è molto divertente, ma non si sente la forza di altri lavori precedenti di Palahniuk. La frammentarietà della narrazione non sempre dà i frutti sperati, soprattutto nel momento in cui le voci dei personaggi si incanalano verso il finale comune, e non riesci a capire se durante lo svolgimento hai perso qualche particolare importante. A tratti questo romanzo sembra nient’altro che una raccolta di racconti a luci rosse, e non è sostenuto da una concreta visione distorta del mondo, dominato da ingiustizia e prepotenza, come invece accade in Fight Club.

Vincenzo Bagnera






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