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domenica 5 gennaio 2014

Quando crollano i regimi

Quando crollano i regimi, a cura di Paolo Viola e Antonino Blando, Palermo, Palumbo, 2004, 200 pp., (Bibliotheca, 29), ISBN 88-8020-583-8.

Quando crollano i regimi è un importante libro che segue le diramazioni che la parola regime può assumere nel corso dei secoli, mutando contesti geografici e politico-sociali differenti. «Che cosa è un regime?
Perché alcuni paesi hanno o hanno avuto dei regimi cioè complessi politici-sociali-valoriali intesi come oppressivi, e non soltanto dei neutrali "sistemi politici"?
Da dove viene l'accezione negativa di una parola di per sé polisemica come quella di regime?
Perché un regime crolla, a quali condizioni, e chi sono i vinti e chi i vincitori?
Si può parlare di "uscita dai regimi" e non di "rivoluzione"?» [p. 7].
Paolo Viola e Antonino Blando, che curano questo libro, mettono insieme i contributi di diversi storici, che riguardano i quesiti sopracitati e che gli stessi curatori propongono nell'Introduzione.
La parola regime vuole dire in latino il governo della nave, per metonimia il timone. Vuole anche dire il comando in generale, da regere, mentre nel Medioevo indica la forma che la sovranità assume, ossia l'impianto istituzionale che gli uomini costruiscono per regolare il dono divino della potestas (dono scaturito da dio). Il regimen è artificiale, imposto dagli uomini e consolidato dal tempo e quindi non è la sostanza del comando politico [p. 7]. Essa viene analizzata e «imposta insieme» all'altra parola al centro della discussione: rivoluzione.
La dicotomia "regime-rivoluzione" viene sciolta: Regime ® violenza ® sistema costituzionale ® oppressivo totalitario / Rivoluzione ® violenza ® rovesciamento del sistema costituzionale ® oppressivo terrorista.
Con la Rivoluzione francese la parola «regime» assume una valenza politica per designare il vecchio mondo della monarchia assoluta, caratterizzato da un'«oppressiva rigidità». L'Antico regime non era però solo un insieme di ordinamenti, ma era una politica illegale, che negava i privilegi di una società fondata sui privilegi, ossia una cultura basata sull'ineguaglianza e sull'illegalità a sua volta, in cui è difficile discernere politica e società.
Dopo la Rivoluzione francese la parola «regime», invece, assume due significati: uno dotto, in uso delle scienze e delle dottrine politiche, che indica il complesso di governo, ma anche una società e un insieme di valori che presiedono al funzionamento delle relazioni di potere, un edificio coerente di istituzioni che regolano l'esercizio del comando, rapporti sociali compresa l'ideologia del comando che ne anima la vita; e uno corrente con un'accezione negativa, poiché indica un sistema politico sociale e valoriale oppressivo, che rifiuta la grande coppia di idee del 1789, cioè la libertà e l'uguaglianza.
Il libro si occupa in particolar modo di questo secondo significato, esaminando la valenza negativa del termine e le «risposte ai traumi inferti alla convivenza civile dagli apparati di potere oppressivi e dispotici» [p. 18].
L'uso dispregiativo del termine è particolarmente caratteristico dell'Italia, dove il fascismo ha rivendicato per sé di essere un "regime", per di più "totale" o "totalitario", che si connota per un «primato incontrastato della politica, capace di sovvertire la legge, controllare interamente la sera del sociale e anche del privato, nonché l'organizzazione del consenso attraverso gli strumenti di governo [...] i caratteri che definiscono i regimi totalitario: l'inesorabile macchina di controllo della società e delle coscienze, il partito unico, l'invadenza esclusiva dell'apparato politico nella vita privata dei cittadini, la trasformazione di ognuno in un ingranaggio del regime» [p. 9].
Anche l'imperialismo capitalista è assimilabile a un regime.
I regimi cadono di morte violenta (rivoluzioni e guerre), ma anche per interne crisi politiche (implosione) che prendono il nome di «transizioni». Le cause principali del crollo dei regimi sono: l'eccessiva rigidità, la fragilità interna e le pressioni internazionali. In ogni caso un regime oppressivo lascia enormi problemi aperti.
Dopo il crollo dell'Unione Sovietica sembra proprio che la dicotomia «regime-rivoluzione» viene a rompersi per una «mancanza di spazio per la rivoluzione in un mondo 'unipolare' [...] [e poiché] ogni modello di rivoluzione è destinato a disintegrarsi sotto l'incedere dei diversi punti di vista, delle molteplici esperienze, dalle singole storie di vita, ognuna delle quali dà forma ad una narrazione diversa degli avvenimenti in corso» [p. 18].
Il libro si compone di otto saggi:
Paolo Viola e Antonino Blando, Introduzione, [pp. 7-24]; Paolo Viola, Via dagli antichi regimi. La Francia e le Due Sicilie, [pp. 25-44]; Xabier Itçaina, Stato, Chiesa e territori. La transizione democratica spagnola, [pp. 45-67]; Tania Groppi, La riconciliazione attraverso il diritto: il Sudafrica dall'apartheid alla democrazia, [pp. 69-92]; Antonino Blando, Italia 1992-93: la retorica del regime, [pp. 93-116]; Hervé Rayner, Tangentopoli e il crollo della "prima repubblica", [pp. 117-144]; Paolo Viola, Fuori da un regime mafioso? Un'intervista a Leoluca Orlando, [pp. 145-156]; Michele Perottino, Fine di regimi e fuoriuscite "post-comuniste": l'Europa centrale, [pp. 157-179]; Marco Buttino, Dopo la fine del regime sovietico: il caso uzbeco, [pp. 181-200].


Piero Canale

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