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domenica 5 gennaio 2014

ITALO CALVINO - Lo scrittore dei destini incrociati (a cura di Tiziana Sparacino)

Il 15 ottobre 2013 Italo Calvino avrebbe compiuto novant’anni. Fu scrittore, giornalista, politico, autore di canzoni, traduttore e addetto stampa dell’Einaudi, ma soprattutto fu uomo d’ideali, nel senso più vero del termine.
Nasce a Cuba e sempre le rimane legato, tornandovi più volte e diventando amico di Che Guevara. Giunto in Italia a 13 anni, dopo una militanza partigiana, alla fine della seconda guerra mondiale si iscrive al Partito Comunista, impegnandosi in politica per spirito di servizio e di utilità alla società. Comincia allo stesso tempo a collaborare alla Einaudi, e inizia a frequentare intellettuali come Eugenio Scalfari, Elio Vittorini e Cesare Pavese, che divenne il suo mentore.
Le opere del periodo giovanile (Il sentiero dei nidi di ragno, 1946; Ultimo viene il corvo, 1949) risentono della corrente neorealistica che attraversa la cultura dell’Italia del secondo dopoguerra. Il teatro, il cinema, la letteratura fanno impietosamente i conti con la realtà di una società in macerie e Calvino, che ha pure combattuto in trincea, non può che raccontarla; mantiene però una sottesa leggerezza, quella capacità, come Pavese diceva, di «osservare la vita partigiana come una favola di bosco». Siamo ancora distanti dalle Favole Italiane o da Marcovaldo, ma l’approccio mitico-fantastico al mondo è uguale.
Già in queste prime opere la struttura narrativa si sviluppa su due piani: ad una lettura palese, dal senso aperto a tutti e spesso umoristico, si affianca quella sotterranea, dal senso morale critico, anche corrosivo; questa multilettura diverrà una costante della poetica calviniana.
La sua mente agnostica e razionale faticava a relazionarsi con una società che, per sofisticazione continua ed esponenziale, creava sostruzioni artificiali inutili. Nella trilogia de I nostri antenati parla di realtà umane conflittualmente contrapposte (Il Visconte dimezzato, 1952), di contestazione delle consuetudini sociali (Il Barone rampante, 1957), di dolorosa ricerca della propria identità (Il Cavaliere inesistente, 1959), sempre usando un tono allegorico-simbolico e una prosa dalla stesura classica e scorrevole.
La crisi dell’impegno ideologico, che coglie Calvino verso la fine degli anni ’50, e l’invasione dell’Ungheria da parte dell’Armate Rossa, lo porta alla rottura con il PCI. Da questa disillusione nasce la stesura di un racconto amaro come La giornata di uno scrutatore (1963), che nelle intenzioni doveva far parte di un trilogia mai ultimata sulla crisi degli intellettuali.
Gli anni Sessanta sono un periodo particolare: «il mondo si è trasformato in un luogo astratto in cui la normale comunicazione fra gli esseriumani è stata sostituita da combinazioni, ipotesi e funzioni» (Giulio Ferroni). Si appassiona alle scienze e si trasferisce a Parigi, da dove, poi, inizia a girare il mondo, intensamente scrivendo e lavorando a progetti radiofonici, televisivi e cinematografici.
Quello che diviene base della scrittura – e dunque della realtà raccontata – è lo stesso gioco linguistico, ossia la struttura combinatoria palesemente esibita ne Il castello dei destini incrociati (1969) e Le città invisibili (1972). La realtà esiste solo perché raccontata, per mezzo dei tarocchi o delle parole, elementi interscambiabili e polivalenti: c’è molto del labirintismo di Borges in queste opere di Calvino.
La compiutezza del fantastico combinatorio è raggiunta da Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979): i dieci capitoli della storia sono altrettanti incipit di libri, esercizio di stile con i vari tipi di romanzo (post-)moderno, spaziando dalla neoavanguardia al neorealismo. Giovanni Casoli scriverà di come per Calvino la necessità di integrare questo testo con la propria vita sia una parabola della necessità dei rapporti umani ma anche dell’insufficienza intrinseca della letteratura.
Calvino muore per emorragia cerebrale nel 1985, alla vigilia della partenza per un ciclo di conferenze in America, per cui aveva scritto le Lezioni americane, poi edite postume.




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