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giovedì 5 dicembre 2013

E di che vi stupite? Palermo esclusa dal novero delle candidate a capitale europea della cultura

Palermo è stata esclusa dal novero delle candidate italiane a Capitale Europea della Cultura.
E perché da stupirsi? Perché sentirsi offesi?
Palermo è la città in cui la biblioteca comunale è il massimo esempio di come non deve essere una biblioteca: la sala di lettura è gelida e buia; i manoscritti sono impossibili da consultare se non dopo aver pagato l'intero servizio di foto riproduzione; la consultazione in loco dei libri è sempre rimandata al giorno dopo perché i libri sono altrove.
Palermo è la città in cui il Teatro Biondo non può permettersi una compagnia stabile e ogni anno è un terno a lotto l'inizio della stagione.
Palermo è la città in cui l'università è essenzialmente un grande parcheggio, dove qua e là spunta un alberello e qualche facoltà; dove Lettere è semplicemente un angolo fumatori in cui si pubblica ogni tanto qualche sciagurato libro (vedi Franco Lo Piparo, L'enigma del quaderno. La caccia ai manoscritti dopo la morte di Gramsci, Roma, Donzelli, 2013). Palermo è, inoltre, la città in cui l'università promuove master di secondo livello e sforna specialisti che fondamentalmente il mercato del lavoro non assorbe.
Palermo è la città in cui Storia Patria e il Museo del Risorgimento chiudono nel disinteresse generale delle istituzioni e della comunità.
Palermo è la città in cui si organizzano "le vie dei tesori" e all'Arsenale Borbonico (Via dell'Arsenale, 140-148, 90142 Palermo), chi vuole fare una visita guidata deve, invece, sorbire la "televendita" del libro del volontario (venduto a dieci euro anziché diciotto) e l'autoincensamento del «quanto l'ho scritto bene questo libro, voi siete gli ignoranti e io vi aprirò gli occhi».
Palermo è la città in cui i Cantieri Culturali della Zisa sono principalmente un deserto di capannoni abbandonati all'incuria, dove vivacchiano nell'alienazione dalla città l'Istituto Gramsci, il Goethe Institut e qualche altra cosa non meglio definita. Solo il Pride è riuscito ad aprire alla città i Cantieri, ma il giorno dopo la fine della manifestazione era tutto come prima.
Palermo è la città in cui la maratona cittadina è disprezzata dagli automobilisti palermitani incapaci di rinunciare per un giorno alla macchina.
Palermo è la città in cui il senso civico è un miraggio; Palermo è la capitale del palermitano orgoglioso, cieco e offeso nell'onore per questa esclusione, «perché qui c'è la cattedrale, il centro storico quattro volte più grande di quello di Firenze e il mare di Mondello», tralasciando in malafede la puzza imperante (ecco, Palermo potrebbe essere a buon diritto Capitale mondiale delle puzze per strada), la sporcizia, il traffico, il caos a ogni ora del giorno, il centro storico devastato dalla movida e dal business degli alcolici, la mafia e l'omertà (sì, c'è ancora).
Poi dicono che con la cultura non si mangia. Il problema è che a Palermo si mangia e basta. Ma forse è più facile valorizzare panelle, crocché e tequila bum-bum, e non la cultura e la storia e l'arte di questa città. C'è ancora tanto da scoprire, valorizzare, studiare e far conoscere, come ad esempio gli archivi dell'Ucciardone (solo per citare un caso).
Il Comune di Palermo, di concerto con la Regione siciliana, avrebbe fatto meglio a investire quei pochi soldi che ci sono, e che sono stati spesi per la campagne di immagine e pubblicitaria per la candidatura, per migliorare i servizi della cultura, iniziando proprio dalla Biblioteca Comunale e cercando di favorire quella fascia diseredata (e colpevole) di giovani, che hanno tante belle lauree e qualche idea e potrebbe giovare di un investimento reale sulla cultura che preveda progetti a lungo termine e non eventi o avvenimenti. Allora sì che Palermo sarebbe la vera capitale della cultura del Mediterraneo. Evidentemente per adesso preferisce essere altro.


Piero Canale

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