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sabato 1 dicembre 2012

Igiene dell'assassino



Amélie Nothomb, Igiene dell’assassino, Parma, Guanda Editore, 2012, 175 pp., ISBN 978-88-8246-366-3.

«Non senza legittimo orgoglio il signor Tach si seppe colpito dalla temibile sindrome di Elzenveiverplatz, chiamata più volgarmente ‘cancro delle cartilagini’, che lo studioso eponimo aveva scoperto nel XIX secolo alla Cayenna in una dozzina di ergastolani reclusi per violenza sessuale con annesso omicidio, e che da allora non si era più ripresentata».
Uscito nel 1992, è questo il primo romanzo della Nothomb; la sua fortuna ruota intorno alla grande – in tutti i sensi!- figura dello scrittore Prétextat Tach, premio Nobel, più che per la letteratura, per la misantropia e la misoginia. L’ottuagenario Maestro è un eremitico, presuntuoso, paralitico, vorace e calvo grumo di lardo, benedetto da una rarissima malattia che promette di coronare di morte gloriosa una lunga e lusinghiera carriera di autore. Stampato e distribuito per tutto il mondo, riverito e lodato da tutti gli intellettuali, Prétextat è letto da nessuno e, forte di questo vanto, decide di gratificarsi con un ultimo regalo. Come un grasso ragno, apre il suo appartamento a degli sprovveduti giornalisti, che si lanciano nella sua ragnatela, per finire fagocitati dal pantagruelico Ego dello scrittore. Qualsiasi approccio, qualsiasi tattica improvvisata o pianificata a tavolino dagli intervistatori è resa vana da Prétextat: con i suoi sofismi blandisce, adula, insulta, confonde, sfinisce e mette in fuga con ferocia anche i più brillanti fra i giornalisti, incapaci di sostenere il pressing dialettico del Maestro. L’ultimo intervistatore è però una donna, Nina, una «piccola rompiscatole insolente». Decisa a condurre il gioco, altera e inflessibile al contempo, Nina è Femmina e dunque, nella sottesa logica northombiana, letale. Si percepisce come il romanzo, perlopiù composto da dialoghi, nell’ultimo capitolo cambi ritmo, quando le discussioni surreali ed esasperate/esasperanti ammannite dallo scrittore vengono soppiantate da quelle rigorose dalla giornalista. Come in un giallo di Ellery Queen, alla fine della storia tutti gli ingarbugliati indizi sparsi per il romanzo vengono raccolti, e i fili dell’oscuro passato riannodati ad intrappolare il grasso ragno, vittima felice della propria ragnatela. Il romanzo è condotto con mano leggera, che permette di sorvolare su qualche sofisma di troppo; ma la Nothomb, penna e personaggio peculiare che si ama o si odia all’istante, merita letteralmente chapeau!

Eloisia Tiziana Sparacino

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