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lunedì 5 ottobre 2015

Palermo di carta

Salvatore Ferlita, Palermo di Carta, Guida Letteraria della Città, Palermo, Palindromo, 2013, 136 pp., ISBN: 978-88-98447-04-6.

Pubblicato per la prima volta nel dicembre 2013, ristampata poi nel marzo 2015, Palermo di carta è un'utile e interessantissima Guida letteraria della città di Salvatore Ferlita, 41enne docente di letteratura contemporanea e critico letterario dell'edizione palermitana di Repubblica. L'autore si confronta con un fenomeno ampio e multiforme, quello del capoluogo siciliano raccontato in un modo o nell'altro dagli scrittori, e si scontra con le caratteristiche irriducibili di una città e di un consorzio umano che sono sempre state tremendamente affascinanti per i narratori, attraenti forse perché difficilissimi da raccontate, praticamente impossibili da spiegare e teorizzante. Ed è proprio sul filone presunta «inenarrabilità» di Palermo è proliferata - per paradosso ma mica tanto - una nutrita produzione letteraria che prova in un modo o nell'altro l'impresa impossibile. Già, perché - ho letto da qualche parte - i veri scrittori scrivono di ciò di cui sembra sia impossibile scrivere, usano le parole per raccontare ciò che non si riesce a spiegare a parole. E, pienamente cosciente di questa particolarità della sua ricerca, l'autore ci introduce «in una latitudine letteraria che metabolizza il grottesco e il caricaturale, ricorrendo a una cifra espressiva che ha conosciuto una certa fortuna e che forse è stata l’unica declinazione possibile di una palermitanità disperata e sconcertante. Da qui il tentativo (chissà se riuscito o meno) di chi scrive, nella veste improbabile di negromante ma forse anche di psicopompo (una sorta di Caronte in sedicesimi, s’intende), di richiamare in vita questa città sommersa, di svelarne le viscere, di traghettare il lettore verso queste fantasmatiche plaghe».
In allegato al libro c'è anche una mappa letteraria di Palermo che «rappresenta un utile strumento di supporto offerto ai lettori più curiosi, affinché possano avventurarsi e orientarsi in questa Palermo di carta. Mappa che non pretende di essere onnicomprensiva: essa indica semplicemente alcuni dei luoghi chiave dei romanzi e dei racconti approfonditi in queste pagine».
 Tutti gli scrittori e le opere di Palermo di carta. Si comincia con il noir, con le invenzioni linguistiche di Santo Piazzese e i gialli «eretici» di Gian Mauro Costa. Alla «stretta contemporaneità», cui l'autore comunque ritorna sempre, corrispondono le analisi delle opere di scrittori che hanno raccontato Palermo in varie fasi del Novecento e a volte anche dell'Ottocento. Così il secondo capitolo comincia e si conclude con Luigi Natoli, che pubblica la saga dei Beati Paoli a puntate sul Giornale di Sicilia tra il 1909 e il 1910 con lo pseudonimo di William Galt. Un'opera a lungo snobbata come romanzaccio popolare, poi riabilitata da Umberto Eco che firmò una celebre prefazione, e definita dall'autore: «Un’opera letteraria portentosa: non tanto per l’abilità dell’autore (indiscussa) nel gestire un plot complicato, ricco di digressioni, affollato di personaggi, quanto per l’intrico geniale di sfera religiosa e mondo politico: una ferale ragnatela, tramata con la pazienza del ragno». Il «colpo di genio» di Luigi Natoli sta «nell’aver sollevato il coperchio, diciamo così, della città: l’autore infatti ha dato forma a una Palermo parallela ma sotterranea, una città nascosta, fatta di cripte, grotte, luoghi oscuri, cunicoli tortuosi». E a questa «Palermo del sottosuolo», e questa poetica e questi umori della prosa di Natoli, vengono affiancate le esperienze letterarie più disparate: Enrico Onufrio, morto nel 1885 a soli 27 anni, cantore dell'orrido e del ributtante, colui che ha coniato l'espressione «il ventre della città»; e altri scrittori contemporanei, Angelo Fiore (Il Supplente, 1964), Fulvio Abbate (Zero maggio a Palermo, 1990), Domenico Conoscenti (La stanza dei lumini rossi, 1997), Giorgio Vasta (La vita materiale, 2008), Giosuè Calaciura (Malacarne, 1998; e Sgobbo, 2002) Giuseppe Schillaci (L'anno delle ceneri, 2010) che, ognuno a modo loro, hanno ricreato la Palermo piena di ombre e angoli nascosti di Natoli.
Il secondo capitolo è tutto all'insegna di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, e soprattutto verso la fascinazione verso le macerie (metaforiche e non) dell'autore de Il Gattopardo. C'è Vincenzo Consolo (Lo Spasimo di Palermo, 1998), Davide Enia (Maggio '43, 2013; e Così in Terra, 2012), Michele Perriera (Atti del bradipo, 1998), Mario Giorgianni (La forma della sorte, 2012), Silvana La Spina (Morte a Palermo, 1978), Marcello Benfante (Cinopolis, 2006), Roberto Andò (Diario senza date o della delazione, 2008) e Davide Camarrone (Lorenza e il commissario, 2006). 
Il terzo capitolo Palermo all'avanguardia comincia con il racconto della cosiddetta «scuola di Palermo», espressione che imperversò durante gli anni '60 e riguardò un gruppo di nuovi scrittori che tentavano - come scrisse Alfredo Giuliani nel volume Feltrinelli che raccoglieva le loro opere - «di assumere il caos esteriore a modello interiore, fitto discutere insieme, sobbollire e schiumare il linguaggio per toglierne via moralismi, ideologie e spurie fatture di violenza». Sperimentali e visionari, influenzati dall'avanguardia e capaci di devastanti invenzioni linguistica sono Angelo Testa (Cinque, 1968; Perapprossimazione, 1978; Azzonzo, 2001) e Antonio Pizzuto (Si riparano bambole, 1960, Testamento, 1969) e i loro “eredi” Francesco Gambaro (Palermo-Civico-Palermo, 1999; I Giorni Quanti, 2002) e Sergio Toscano (Tempo residuo a Palermo; 1999, Diario Palermitano, 2003).
Il quarto capitolo, In una città demotica e picaresca, ci racconta della Palermo del colore, dell'avventura e dei toni espressionistici, con Roberto Alajmo (È stato il figlio, 2006; Le scarpe di Polifemo e altre storie siciliane, 1998), Nino Vetri (Lume Lume, 2010), Giuseppe Rizzo (L'invenzione di Palermo, 2010), Evelina Santangelo (Il giorno degli orsi volanti, 2005, Cose da Pazzi, 2012), Emma Dante (Via Castellana Bandiera, 2008), Piergiorgio Di Cara (Cammina stronzo. Sbirri a Palermo, 2000) Valentina Gebbia (Estate di San Martino, 2003; Per un crine di cavallo, 2005).


Nino Fricano



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