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martedì 2 giugno 2015

L'eroe di Paternò

Paolo Pintacuda, L'eroe di Paternò, Palermo, Il Palindromo, 2015, 224 pp., (Kalispera), ISBN 978-88-98447-14-5.

Siamo nel settembre 1866 e due uomini si cimentano in un faticoso viaggio a cavallo per la Sicilia, da est a ovest, inoltrandosi nel ventre di una natura selvaggia, feroce - tutta rocce aguzze, spine e rovi - lungo plaghe desolate che si estendono per chilometri senza alcun segno di vita, sotto un sole bruciante che confonde le menti e macchia i cappelli di sudore. Uno dei due è Vito Leone, ex soldato della Guardia Nazionale, siciliano che ha combattuto in Sicilia, spesso contro altri siciliani, per conto del neonato Regno D'Italia. L'altro è Angelo Botta, brigante della sanguinosa “banda delle montagne”, dai vaghi ideali autonomistici e anti-piemontesi. Uno è duro e taciturno, l'altro è sbruffone e parla di continuo. Uno è in catene, l'altro no. I due sono legati da un tragico antefatto e attorno ai due si dipanano storie di amori e tradimenti, passioni e cinismo. Dall'esito del loro viaggio, da est a ovest della Sicilia, dipende la vita o la morte della bella Virginia, figlia di un aristocratico in bancarotta. Sullo sfondo - ma lo sfondo a volte può diventare un personaggio perfino più importante degli altri – sullo sfondo una Sicilia dalla bellezza spaventosa, dai paesaggi sconfinati e quasi astratti, nel bel mezzo di un periodo storico tra i più sanguinosi e controversi della storia contemporanea.
Con una trama semplice e solida, personaggi forti e narrazione agile e brillante, il romanzo “L'Eroe di Paternò” di Paolo Pintacuda (Ed. Il Palindromo) scandaglia umori, dinamiche e atmosfere del periodo post-unitario in Sicilia. L'autore, 41 anni, di Bagheria, è uno sceneggiatore che nel 2010 ha vinto il prestigioso premio Solinas,  quello che ha lanciato, per dire, il talento di Paolo Sorrentino e che ha regalato al cinema italiano perle come Parenti Serpenti, I Cento Passi e Marrakech Express. Pintacuda, da par suo,  è uno che il cinema ce l'ha sempre avuto nel sangue e nel destino: suo padre è infatti quel Mimmo Pintacuda, fotografo e proiezionista, che ispirò Tornatore per il personaggio di Alfredo in Nuovo Cinema Paradiso.
Tanto cinema, si, e ora pure questo romanzo. Il suo primo romanzo, che è insieme cinema e letteratura. Parole-immagini per raccontare una Sicilia eterna e contingente, la Sicilia maledetta e irredimibile di sempre ma anche la Sicilia del 1866, quella dell'esplosione del brigantaggio, della renitenza di massa alla leva obbligatoria, delle rivolte popolari più o meno organizzate e delle feroci repressioni del neonato Stato Italiano. Un romanzo storico che prende dichiaratamente a piene mani dall'immaginario Western, rileggendone i cliché attraverso un'Isola che si presta benissimo al suo ruolo di territorio di frontiera, mondo inesplorato, teatro di sperimentazioni politico-sociali e di furori e movenze ancestrali.
L'ultimo - stupendo - capitolo è ambientato durante le fasi finali della celebre “rivolta del sette e mezzo” di Palermo, l'insurrezione armata durata appunto sette giorni e mezzo (16-22 settembre 1866) che coinvolse il capoluogo e buona parte della provincia. Quando, per fermare gli oltre 14mila insorti che si erano impadroniti della città, il governo sabaudo decise per lo stato d'assedio, mandò le truppe - guidate da Raffaele Cadorna - e ordinò ai soldati di sparare sulla folla con i fucili e con i cannoni. Un massacro. Uno degli eventi più traumatici che la Sicilia ricordi. E Palermo che si fece rappresentazione plastica e orrorifica di contraddizioni storiche inestricabili. Quadri di Garibaldi e di Vittorio Emanuele II sfregiati, buttati per strada e calpestati da tutti, carabinieri linciati dalla folla, decapitati da boia improvvisati, scaraventati giù dalle mura della città, appesi a ganci da macellaio, impiccati ai lampioni come monito e come trofeo. E soprattutto tanti, tantissimi morti sulla strada, “gente armata solo di panni rossi attaccati ai bastoni, effigi di Santa Rosalia e qualcuno persino di una bandiera americana con le trentaquattro stelle sull’angolo” ci racconta l'autore con le sue ennesime azzeccatissime parole-immagini.

Nino Fricano






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