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mercoledì 5 febbraio 2014

Ravensbrück

Germaine Tillion, Ravensbrück, Prefazione di Tzvetan Todorov, Roma, Fazi Editore, 2012, 364 pp., (Campo dei Fiori, 009), ISBN 9788864112558.

Germaine Tillion fu prigioniera politica nel campo di concentramento di Ravensbrück. Arrestata nell’agosto del 1942 – in seguito alla denuncia di un prete cattolico – per aver organizzato una rete di resistenza in Francia, resterà in carcere fino al 1943, quando verrà tradotta nel campo di concentramento a nord di Berlino.
È qui che inizia la straordinaria attività di documentazione e di registrazione dati. Tillion, appassionata etnologa, riesce a vivere l’esperienza drammatica della deportazione in modo duplice: come vittima, prima di tutto, ma anche come studiosa appassionata, sempre alla ricerca della verità. È probabile, come dice spesso lei stessa, che sia sopravvissuta, all’orribile esperienza della deportazione, grazie al caso e alla rabbia. È certo, invece, che si sia salvata grazie alla determinazione della studiosa che ha il compito di testimoniare la realtà, anche quando questa si rivela scomoda e dura da accettare.
Nasce così Ravensbrück, un libro che descrive minuziosamente la vita nel campo di concentramento: le torture psicologiche e fisiche, le privazioni, le brutalità degli esperimenti del dottor Gebhardt; ma anche le miserie umane degli aguzzini, le loro deformazioni, le innumerevoli contraddizioni delle loro vite: gente normale, gente comune – dentisti, medici, ex tipografi, infermiere, ex impiegati –  nessun precedente penale, nessuna infanzia traumatica. Colpisce, nella descrizione minuziosa del personale fatta da Tillion nel secondo capitolo [pp. 59-98],  scoprire come in molti casi – uno fra tutti quello di Rudolf Höss, comandante di Auschwitz – si tratta di gente cattolica credente e praticante, scrupolosa, seria e che ha educato i figli secondo i ‘buoni principi’.
Dunque «i mostri sono uomini» [p.88] e pertanto nessun popolo può dirsi a riparo da un disastro morale di tale portata. Forse è proprio questo il nodo centrale attorno al quale si svolge la testimonianza di Tillion: la certezza che nessuno può sentirsi immune da tali atrocità. In effetti la storia non smentisce la studiosa. I campi di concentramento, la tortura, le violenze e la brutalità non si esauriscono con l’olocausto, ma continuano a macchiare la storia dell’umanità, anche successivamente, in tempi più recenti. Passeranno solo una trentina d’anni, infatti, prima che altre Auschwitz, sconvolgano Cile e Argentina, durante gli anni della dittatura militare. Alla base delle violenze emerge, come sempre in questi casi, un vero e proprio delirio semantico: ‘materialisti, atei, nemici dei valori occidentali e cristiani’, in nome del quale è possibile giustificare l’orrore.
Se ai tempi di Filippo II la limpieza de la sangre comporta la brutale caccia ai conversos e ai moriscos, in nome della stessa visione allucinata della società si compie lo sterminio degli ebrei, dei disabili, degli zingari e degli omosessuali. 
Quasi sempre, però, il sonno della ragione viene fuori dall’esitazione del potere civile, dall’incapacità dei governi di dare risposte alla disperazione dei cittadini. Ed ecco lì l’uomo forte, pronto a trionfare grazie alla solerzia nello scovare il capro espiatorio, la causa su cui riversare tutti i mali del proprio Paese.
Verrebbe proprio da dire che è l’uomo il peggiore nemico dell’uomo. Non è un caso che questa frase venga ripetuta, più volte, dal Dio mendicante interpretato da Alessio Boni, nello spettacolo di Valerio Binasco – in scena proprio in questi giorni nei più importanti teatri italiani – che ci racconta l’incontro tra Freud (bellissima e intensa interpretazione di Alessandro Haber) e Dio ai tempi dell’occupazione nazista.
Nessuno, dunque, può salvare l’uomo da se stesso, nemmeno Dio, al quale non è concesso interferire col libero arbitrio. C’è chi però, con la propria testimonianza, può aiutare a non dimenticare l’orrore, nella speranza che la disperazione e la brutalità, l’odio e la tortura, il sangue e la morte, possano continuare ad indignare, allora come oggi e dappertutto. Perché non accada mai più.
Il testo è corredato da un utilissimo apparato di Note [pp. 343-357] e da una Bibliografia [pp. 359-364].

Alessandra Mangano



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