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sabato 5 gennaio 2013

Furor bibliographicus ovvero la bibliomania



Ugo Rozzo, Furor bibliographicus ovvero la bibliomania, a cura di Massimo Gatta, prefazione Alfredo Serrai, Macerata, Biblohaus, 2011, 217 pp., ISBN 9788895844183.

Al giorno d’oggi, a causa della prorompente ondata tecnologica, appare scontato imbattersi in collezionisti di cellulari, di orologi, di CD o di DVD, e sarebbe invece strano sentir dire che esista ancora gente che colleziona libri. In questo volume Ugo Rozzo – ex-docente di Storia del libro e della stampa presso l’Università di Udine – ce ne mostra un esempio: lo squilibrato del bibliomane, uomo mentalmente disturbato, geloso a tal punto dei suoi libri da appendere nella sua libreria l’iscrizione “Ite ad vendentes” (Andate da coloro che li vendono!), o addirittura da chiedere ad altri le opere che anche lui possiede, per paura di rovinare le proprie [p. 19].
Quest’excursus sulla bibliomania – incompleto, come tiene a precisare l’autore all’inizio dell’opera – prende le mosse da un componimento in sestine di Cesare Beccaria: Il bibliomane. Caratteristica principale di questo personaggio, messa abilmente in evidenza dall’illuminista, è quella di ignorare del tutto il contenuto dei volumi che colleziona, e di sfruttarli unicamente come ornamento. Si continua dunque esaminando la voce bibliomanie dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert, in cui si deride l’incapacità del bibliomane di selezionare i volumi degni di nota da quelli inconsistenti e, di contro, si esalta la capacità di sintesi, tanto da elogiare un uomo – definito “uno dei più fini cervelli del secolo” – che, nel costituirsi una biblioteca ricca ma poco ingombrante, strappava le pagine a suo dire più interessanti da ogni testo.
Caratteristico risulta il percorso attraverso i dizionari e le enciclopedie italiane da cui vengono fuori una serie di distorsioni ulteriori, dalla stessa radice biblio-: avremo bibliofagia, bibliolatria, bibliomanzia, e così via… L’autore non manca di citare autori classici, sia greci che latini: citerà Seneca e il ritratto, nel De tranquillitate animae, dell’aristocratico che compra libri solo per abbellire la casa, o Luciano di Samosata, col suo Adversus indoctum et libros multos ementem, passando per Callimaco e concludendo col Trimalcione di Petronio e le sue “tre librerie, di cui una greca, l’altra latina”.
Il libro si legge scorrevolmente, tutto d’un fiato: quello che si scorge tra le righe è la passione che Rozzi prova per il libro e per tutto ciò che ruota attorno ad esso, nonché l’assoluta scientificità con cui si approccia alla ricerca.
Oltre che da un corposo apparato di note a piè di pagina (di notevole importanza per chi volesse approfondire lo studio dell’argomento), il testo è corredato da due appendici: una che contiene la stampa anastatica di Rari testi sulla bibliomania (pp. 85-193), esaminati dall’autore lungo la trattazione; un’altra in cui sono riportati frontespizi e coperte di testi afferenti al tema principale (pp. 196-205). La Nota del curatore (pp. 207-211) e l’Indice dei nomi (pp. 213-217) chiudono l’opera.

Vincenzo Bagnera

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