Visualizzazioni totali

venerdì 5 luglio 2013

Quer pasticciaccio brutto de via Merulana



Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, Milano, Garzanti, 2000, 340 pp., ISBN 88-11-66642-2.

Nella primavera del 1927 a Roma, in una palazzina di via Merulana, conosciuta come "il palazzo degli ori" perché abitato da benestanti, sullo stesso piano e a distanza di pochi giorni, sono commessi due delitti: la rapina in casa della Contessa Menegazzi e l’assassinio della giovane signora Liliana Balducci. Le indagini sono affidate al dott. Ciccio Ingravallo, funzionario molisano. Le ricerche tendono a collegare l'omicidio con la rapina, anche perché dall'appartamento dei Balducci sono spariti gioielli e denari. Ingravallo decide il fermo di un cugino di Liliana, Giuliano Valdarena, che però ha un alibi di ferro. Le indagini sul furto in casa Menegazzi si allargano al mondo del sottoproletariato dell'estrema periferia romana. A Marino s'indaga su una tintoria, appartenente a Zamira Pacori, luogo d'incontro di giovani prostitute, tra cui una ex cameriera dei Balducci. In una casa della campagna romana si ritrovano i gioielli rubati.
Ingravallo ipotizza una rosa di possibili colpevoli e arresta per la rapina Menegazzi un giovane, che però non è colpevole dell’omicidio Balducci. Alla fine delle sue ricerche, il commissario individua come possibile colpevole Tina, una delle tante ragazze di cui ambiguamente la Balducci si circondava, sospinta forse da un desiderio di maternità sempre deluso. Tina, messa alle strette dall'interrogatorio di Ingravallo, si grida innocente e il delitto si configura sempre più come un inestricabile pasticciaccio al quale il romanzo non dà nessuna soluzione.
Come si evince dalla narrazione della trama, il responsabile dell’indagine è il commissario Ingravallo. E’ un uomo che spesso s'induce a riflessioni filosofiche, chiarendo la sua particolare filosofia di vita.
«Sosteneva, fra l’altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Diceva anche nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo. Ma il termine giuridico "le causali, la causale" gli sfuggiva preferentemente di bocca: quasi contro sua voglia».
L’indagine che si va dipanando sembra allontanarsi dal suo centro d’interesse, rapina e omicidio, e comincia, a poco a poco, a spostarsi sulle esistenze dei personaggi che cominciano a vivere di vita propria e a comunicare il flusso vitale che li anima. Non solo.
Spesso appare chiara anche l’esigenza dolorosa del commissario non tanto di individuare il movente e l’autore di un delitto, ma di capire il senso dell’esistenza umana che si svolge in un groviglio, appunto, di contraddizioni. Chi legge si ritrova perciò a pensare che il “pasticciaccio” non sia solo quello di via Merulana, ma piuttosto quello che angoscia le nostra esistenza.
In questo desiderio di capire un po’ di più, penetrando a fondo nel senso delle cose, si inserisce la scelta del linguaggio: anche dal punto di vista linguistico c’è il desiderio di “entrare” nelle cose, nelle persone, nei luoghi, di animarle di energia nuova e di creare nuove relazioni vitali.
A questo punto le scelte sintattiche e lessicali si impongono sulla narrazione degli eventi e dilatano la storia in descrizioni, di caratteri, di paesaggi, in approfondimenti psicologici e sociali senza pari. Oltre ai tre dialetti usati frequentemente - romano, molisano, napoletano - sono utilizzati, con divertimento facilmente intuibile, numerosi neologismi o accostamenti innovativi.
In un contesto sociale chiaramente delineato, dal ceto medio-alto delle vittime al degrado sociale e morale della ”corte dei miracoli” della periferia romana, si inserisce un piano di narrazione che si distacca sia da quello della banale comunicazione quotidiana, sia da quello letterario tradizionale.
Viene fuori così una mescolanza, un “pasticciaccio” di luoghi, persone, fatti, caratteri, vocaboli, sintassi, colori, paesaggi, ceti… Ed è un “pasticciaccio” intricato, difficile da districare… insomma “brutto”.
 
Vincenzo Bagnera



Nessun commento:

Posta un commento